venerdì 23 agosto 2013

Al Padrone della S.ES.I.T. PUGLIA spa e p.c. La Gazzetta del Mezzogiorno - Bari
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Cara Sesit, io sono tino da Bari; non mi conosci, ma io sì, ti conosco. E ho tanta paura di te: tutte le volte che ci scrivi ogni italiano diventa bianco per la paura, rosso per la rabbia e verde per la bile. Ma veniamo al sodo.  Mentre aspettavo le nuove cartelle per la tassa rifiuti al posto di quelle sbagliate, aprendo la nuova busta che mi hai spedito,
h o    t r o v a t o
sì altre cartelle, ma con una somma più alta invece che ridotta; a guardare meglio mi sono accorto che si trattava della tassa rifiuti di un appartamento di 80 metri quadrati in via Caldarola, dove io non c’entro proprio; e poi, che significa quello che hai scritto sotto sotto, grosso grosso e lungo lungo, che mi togli la macchina, mi togli la casa: io non ho la macchina intestata, io non ho la casa intestata, io non ho il telefonino intestato, io non ho manco gli occhi per piangere intestati; perciò [che ca…] che cosa mi levi se non ho niente (però una cosa ce l’ho, la più preziosa, ma non ti dico che cos’è, se no tu mi levi anche quella). Ehi, la Sesit, e che facciamo, a fregare! E’ normale e legale che poi il cittadino deve difendersi da chi si crede potente; e per proteggersi studia la notte per farsi un bello scudo di cemento armato e così pararsi [il cu..] il didietro dove tu ti schiggni i denti, perché il vero potente è proprio chi non ha niente, neanche i denti. Perciò, sbrigati a mandarmi veloce le cartelle ridotte per via Peucetia e via Favia, dove la tassa rifiuti era intestata a mia zia (che è morta per dare tutta la pensione a te) e ora l’avete intestata a me (la tassa rifiuti, non la pensione) che, comunque, pago lo stesso perché la zia mi voleva tanto bene, anche se non mi ha lasciato niente.
Ciao, e fai presto ché i soldi finiscono.

(tinodabari)
Edito a Bari il 27.6.2003
E’ TEMPO DI ELEZIONI

Pasquale lavora in un ente pubblico da molti anni. Ha avuto il posto grazie a tanti soldoni versati, uno sull’altro, a un onorevole del suo paese che di quell’ente è “u’ patrun”, per dirla in gergo locale. Il motivo, ormai immutabile nel tempo, per intascare la somma “un modesto contributo al partito”, per dirla in gergo nazionale. Anche se al tirar delle somme quel “modesto contributo”, tangente in perfetto italiano, inspiegabilmente non lascia mai traccia nelle casse sociali, perché finisce immancabilmente nelle tasche superfoderate del ras politico. I soldi naturalmente non sono stati dati a lui direttamente, ma a uno dei suoi tanti “segretari particolari”, cioè particolarmente di mano lesta. La “pecugn” è stata versata in contanti e senza certezza alcuna per l’impiego né, tanto meno, il minimo straccio di prova che le mani del disonesto ras l’abbiano mai arraffata. Pasquale aveva avuto ottimi genitori e insegnanti che l’avevano educato ai migliori ideali della vita. Idealista, perciò, sin dalla prima adolescenza, amava il suo partito come aveva amato la sua prima ragazza, con purezza. Era disposto onestamente a tutto pur di vedere trionfare le sue idee che si rispecchiavano fedelmente in quelle del partito. Era sempre disponibile, totalmente, per il partito e per l’onorevole, il quale incarnava quegli ideali. Impegnandosi, quindi, in ogni campagna elettorale, gli concedeva quasi tutto il suo tempo, con una piccola, tenue speranza di ottenere il tanto sospirato posticino fisso, come suo padre, come il nonno; non chiedeva altro. D’altronde, col suo semplice diploma di ragioniere non aspirava nemmeno ad altro, dando in cambio nel frattempo i suoi anni più verdi. Ma il tempo scorreva; gli sforzi profusi non portavano a nulla. A volte sondaggi preelettorali, contrari al suo onorevole, gli facevano temere di perdere anche quel piccolo obolo raccolto ad elezione avvenuta. Per fortuna l’onorevole, uscendo indenne da ogni bufera, conservava saldamente la sua poltrona. In compenso Pasquale, frequentando gli ambienti politici, s’era fatta una discreta esperienza di intrallazzi, perdendo la sua purezza mano a mano che i suoi ideali cadevano rinsecchiti come foglie morte. Con l’esperienza accumulata e capito l’andazzo, concluse che tre erano i modi per sistemarsi. I primi due casi, essere parente diretto dell’onorevole e imparentato almeno con uno degli amici del giro più ristretto del clan, erano i soli che permettevano di ottenere il posticino fisso senza alcun esborso, anche per il più cretino degli imbecilli; motivo per cui gli enti pubblici funzioneranno sempre male. Terza possibilità, nonostante il sacrificarsi in estenuanti campagne elettorali, per l’onorevole in Parlamento e per i suoi insulsi seguaci nelle amministrazioni locali, comunque pagarlo in moneta sonante quel posticino. Non facendo parte dell’elite del clan, non avendo ottenuto nessun risultato con la sola collaborazione elettorale, Pasquale fu costretto, alla fine, a optare per il terzo sistema. Esso consisteva nell’accettare “la tariffa delle assunzioni raccomandate” non scritta ma nota a tutti: cinque milioni per un posto di operaio, quindici per impiegato e trenta per dirigente; somme pari a un anno di stipendi. Spinto anche dai molti “braccio destro” dell’onorevole “piovra”, interessati a concludere intrallazzi perché, portando soldi al capo, qualcosa anche nel tentacolo proprio rimaneva sempre, Pasquale si rivolse in famiglia per racimolare il minimo, necessario alla sua massima ambizione, riuscendo ad “acquistare” il posto che tuttora occupa. Con quei soldi Pasquale, oltre al posto, acquistò anche qualcosa di più utile, la scaltrezza, il disincanto, un pizzico di disonestà; in una parola, la maturità, perdendo però della sua giovinezza la parte più preziosa, la purezza. Era molto giovane allora e ancor più ingenuo; quell’esperienza lo segnò definitivamente. Nonostante i rischi iniziali, alla fine l’affare si concluse bene per tutti. Pasquale ottenne il posto, l’onorevole il contributo al “partito” personale, i “braccio destro” le briciole. Appena assunto, cominciò a presentarsi in ufficio con molti minuti di anticipo, ma facendo ben poco per il resto della giornata. Passati i primi mesi si adeguò, ormai del tutto maturo, all’andazzo dei raccomandati, pensando bene che, avendolo acquistato il posto, non avrebbe dovuto dare altro all’ente per cui lavorava. Continuò a presentarsi puntuale, con la sola variante, firmato il foglio delle presenze, di non andare più direttamente nella sua stanza. Usciva per un caffè, approfittandone per tornare a casa e accompagnare i bambini a scuola; acquistato un giornale o un settimanale, se ne tornava tranquillamente in ufficio. Seduto alla scrivania passava una buona parte del tempo a leggere; era informatissimo, infatti, su tutto quanto accadeva nel mondo; molto, molto meno su quello che gli accadeva intorno. A metà mattinata una pausa per un altro caffè insieme ai suoi colleghi di tutto ma non di lavoro. Ritornato in ufficio, si impegnava, quindi, nella parte più piacevole della giornata. Gironzolando nelle stanze delle colleghe più disponibili, riusciva a coglierne i tanti frutti esposti. Stanco per la mattinata molto “dura”, Pasquale finalmente terminava di “lavorare” un’ora prima, firmando il foglio delle presenze con il regolare orario d’uscita. Andava a riprendere i bambini, tornandosene a casa. Il suo dovere di padre lo svolgeva sino in fondo, non altrettanto quello di marito e lavoratore. Quanto gli era servita l’esperienza politica! Per la verità, Pasquale qualche pratica d’ufficio la sbrigava pure; in quelle occasioni diventava il più attivo, preciso,  e rapido dei lavoratori; in un lampo di tempo burocratico riusciva a concludere ogni tipo di pratica e consegnarla direttamente al “fortunato cittadino” che gli si era rivolto, avendone ricevuto già al secondo incontro la “bustarella” concordata inizialmente; d’altronde con questo sistema correva pochi rischi; al secondo incontro il “fortunato cittadino” pensava esclusivamente ai suoi interessi, l’idea di denunciarlo non lo sfiorava per niente. Il monotono ritmo lavorativo veniva interrotto un paio di volte a settimana dalla “giornata di mercato” che un collega con mansioni di usciere, noto soprattutto alle forze dell’ordine, aveva istituito in ufficio, passando stanza per stanza con la sua mercanzia da ambulante che tutti sapevano di provenienza illegale. Abito scuro di qualità e fattura pregiate, mocassini in capretto, camicia di seta bianca sempre aperta sul petto a far risplendere la costosa collana e l’inseparabile pesante crocifisso d’oro, come l’orologio al polso, otto anelli preziosi alle dita e telefonino al cinto completavano in maniera vistosa l’aspetto di questo singolare personaggio, raro esemplare di traffichino presente in ogni ente pubblico, dove ha trovato stabile dimora dopo aver minacciato il capo del personale estraendo dalle tasche la sua mercanzia, tra cui una pistola, per indurlo ad assumerlo. Si era creato un deposito per la piccola mercanzia nello spogliatoio aziendale, requisendo gli armadietti personali ad altri colleghi con la prepotenza degli impuniti. Era di là che partiva in giro per gli uffici con le tasche ricolme di oggetti minuti. Portava sempre nella sinistra a copertura un faldone d’ufficio da cui tirava fuori con destrezza gli ultimi arrivi. Riusciva a vendere oggetti d’ogni genere, anche voluminosi che, naturalmente conservava in depositi esterni adeguati. Vendeva tutto a prezzi stracciati perché di provenienza furtiva il più delle volte, e di notissime marche, originali o taroccate. Montblanc classiche, pellicce di visone, rolex d’oro, auto di piccola e grossa cilindrata, telefonini, preziosi, accendini, attrezzi da lavoro, capi d’abbigliamento, elettrodomestici, armi, alimentari;  trattava, insomma, ogni genere di refurtiva di origine garantita, bastava chiedere e lui procurava. L’omertà dei colleghi gli era dovuta perché, oltre all’interesse personale, essi si avvalevano dei suoi agganci malavitosi per sentirsi protetti; i superiori erano riusciti addirittura a farsi il gorilla gratis; infatti, per tenere a bada qualche violento bastava farne soltanto il nome per vivere tranquilli. Anche Pasquale, naturalmente, approfittava di quel mercato, soprattutto in occasione di feste familiari, battesimi, matrimoni, comunioni. D’altronde, l’esempio negativo è sempre quello più umanamente seguito. Pasquale non aveva fatto altro che adeguarsi a colleghi e superiori che avevano la sua stessa matrice, la raccomandazione politica, il proprio santo onorevole protettore. Con quel genere di protezione, in verità vergognosa, mai nessuno si permetteva di riprendere Pasquale per il suo disonesto comportamento sul lavoro. Anzi, a tutela di quei “diritti speciali” non scritti ma codificati segretamente con l’arroganza dei prepotenti, si formava fra i raccomandati quella consorteria tacita che permetteva ai più di tramandarne i privilegi per via ereditaria, con l’assunzione dei propri figli nell’ente, o in altro simile con lo scambio reciproco dei favori: io do mio figlio al tuo ente, tu dai il tuo al mio. E’ così che negli enti più grandi si sono formate intere dinastie, passandosi il testimone da padre a figlio, a nipote, o consanguinei vari di raccomandati, a discapito di tanti altri figli, più capaci ma di anonimi cittadini. Intanto Pasquale, con la protervia acquisita, ritenendosi rapinato della somma versata per il posto, non riusciva a mandar giù l’ingiustizia. Negli ultimi tempi veniva preso sempre più dall’amarezza di certi sistemi e la rabbia di vendicarsi montava di continuo. Rimuginava un sistema simile a quello politico che gli permettesse di rifarsi del maltolto. Non poteva certo farlo denunciando il concorso farsa organizzato per sistemare lui e altri colleghi quando, invece, tutti lavoravano già nell’ente da oltre sei mesi. No, non era con mezzi legali che si sarebbe potuto vendicare, senza nemmeno la più esile delle prove. Una mattina, a sei anni dall’assunzione, Pasquale ricevette in ufficio una lettera di convocazione, spedita anche a tutti gli altri raccomandati come lui,  per l’imminente campagna elettorale del proprio onorevole protettore. Di qualsiasi colore politico fossero le lettere, sinistra, destra o centro, il tenore era identico per tutti. Pasquale pensò bene di scherzarci su sventolandola in ogni stanza dei colleghi nella sua stessa situazione. “Schiavi, il padrone vi chiama” disse. Fu allora che l’idea gli venne improvvisa. “Perché non fare il politicante come loro, utilizzando la stessa sporca morale fatta di tante promesse senza mai mantenerle? Perché, dunque, non offrire collaborazione a tutti i candidati di ogni partito, sfruttandoli come loro hanno sempre fatto con gli elettori? Ingannarli come loro ingannano ogni cittadino, e arraffare a piene mani, buoni di benzina, inviti a pranzi e cene, derrate alimentari, capi di vestiario. Solo così il cittadino che si fa furbo, con tutte le occasioni che si presentano fra europee, politiche e amministrative, può veramente arricchirsi.” Da quel giorno la monotonia del vivere quotidiano di Pasquale e dei suoi pari ad ogni elezione viene interrotta con gioia. In quel periodo il loro essere subisce una metamorfosi totale. Una telefonata dell’onorevole ai rispettivi capi ufficio, anche loro della cricca, permette ai galoppini di beneficiare di un congedo straordinario regolarmente retribuito per tutto il periodo elettorale. Pasquale e soci, sempre spalleggiati ognuno dal proprio clan politico, riescono a prolungare oltre ogni immaginazione l’assenza dal lavoro, dandosi ammalati subito dopo le elezioni per almeno quattro settimane; quindi, sfruttando il loro “precario stato di salute”, ottengono di trascorrere un mese in strutture termali; e per concludere si godono le loro “sacrosante” ferie estive. Logicamente, il tutto con lo stipendio che continua sempre a correre nelle loro tasche a ogni mesata. Logicamente? Sì, se si parla di logica politica. Insomma, cadendo abitualmente il giorno del voto nel mese di giugno, Pasquale lascia l’ufficio a fine Aprile per tornarvi nella seconda metà di settembre. Completamente riposato, rilassato e pronto a dedicarsi al lavoro? Macchè! E’ da quel momento che comincia il vero riposo retribuito dei lacchè degli onorevoli. Intanto, nel periodo elettorale Pasquale, deciso a mascherarsi da politico, approfitta della sua poco nota figuretta per passare inosservato negli studi degli onorevoli da sfruttare a suo vantaggio. Rispolverati i migliori vestiti, lo smoking per le serate di gala, tirata fuori tutta la sua scaltrezza affinata in mille battaglie elettorali, Pasquale affila l’arte di defilarsi e comincia a bazzicare segreterie particolari e uffici privati di ogni candidato in lizza. Insomma esercita il mestiere che tanto bene ha imparato dai maestri politicanti. Un’esaltante esperienza perfettamente temprata nelle loro fucine. Promette appoggio incondizionato ai candidati di ogni schieramento. Ritira materiale elettorale che regolarmente e con il massimo ordine getta nel loro sito naturale, il bidone della spazzatura. Il posto adatto per quei ghigni truffaldini impressi sulla carta. Giusto per fare un po’ di fumo e crearsi un alibi, Pasquale mette in movimento un gruppo di ragazzini, pagati dai politici; anche se non è assolutamente necessario alcuno schermo fumoso poiché, pur di arraffare voti elargendo la solita valanga di vane promesse, sono talmente pieni di sé da credere loro stessi in quelle false parole, sino a sentirsi dei veri angeli che a spada tratta risolveranno i problemi del mondo. Presi come sono dal loro serafico ruolo con i piedi sollevati e la testa ancora più nelle nuvole, è facilissimo, quindi, far loro ingoiare esca, amo, lenza e canna compresa senza che se ne accorgano, lasciandoli ripagati alla fine con la stessa falsa moneta da loro stessi battuta. Così, fra buoni di benzina, rimborso spese gonfiate, cene e spettacoli, regalie d’ogni genere, derrate alimentari che gli riempiono la dispensa per mesi, Pasquale ha recuperato tutta la tangente, riportando i suoi conti in attivo con ciò che è riuscito a rastrellare. Inoltre, è riuscito a ottenere un considerevole vantaggio prestandosi a tutti; ha conquistato l’amicizia di tutti gli eletti dell’intero arco costituzionale: se un favore non gli viene concesso dalla sinistra, si rivolge subito a destra. Un redivivo Talleirand della politica moderna. Quel che più gli importa, comunque, è l’essere riuscito a far sborsare a quei “drittoni” il peculio che per altre e più tortuose vie gli era stato rapinato. Il giorno delle elezioni, come fa ormai da tempo, Pasquale va in vacanza con tutta la famiglia, lontano dai clamori elettorali, verso mete dove regna trasparente la legge della natura. In posti incontaminati, privi di quelle cartacce su cui per oltre un mese hanno campeggiato espressioni vacue a celare la destrezza della vecchia volpe in attesa della preda; espressioni sottolineate da slogans vuoti come gli stessi volti su cui sono state astutamente ritoccate. Pasquale nasconde quella stessa destrezza, purificandosi negli sguardi puliti della moglie e dei ragazzi che ignorano; in quel momento pensa ai suoi “amici” politici mentre si specchiano vanitosamente negli occhi dei propri cari che, al contrario, non ignorano, togliendo loro, quindi, ogni possibilità di purificazione. Pasquale sorride passando davanti a un seggio elettorale dove cittadini in fila aspettano di votare, commentando con solite frasi d’occasione, sbraitate al vento, le eterne illusioni della povera gente. A un tale che elogia gli ideali della Democrazia Cristiana, un vecchio e inguaribile staliniano difende con nostalgia l’innaturale idea del comunismo sovietico; si intromette un anziano impettito per sostenere la drammatica utopia fascista. Si perdono nell’aria le immutabili e inutili frasi: - “La Democrazia Cristiana dà da mangiare a tutti” – “Ava vnì Baffon!” – “Ma volete mettere quando c’era Lui?” Poveracci. Non capiranno mai che, sotto qualsiasi bandiera, il lamento per la propria vita grama si leverà in eterno, mentre i loro “rappresentanti” continueranno a godersela uniti. I cittadini, invece, costretti di proposito a scannarsi fra loro, resteranno eternamente disuniti.

redatto a bari il 8.7.1964

martedì 20 agosto 2013

DALL’UOMO AUSTRALE ALL’UOMO UNIVERSALE
 
Quanta strada deve percorrere l’uomo per giungere ad essere l’individuo universale scevro da ogni tipo di conflitto con i propri simili. Molti sono i pitecantropi ancora in mezzo a noi. E non mi riferisco affatto all’aspetto fisico dei tanti. A tutt’oggi ci costringono a vivere nella stessa gabbia assieme ad autentici animali feroci con sembianze umane. E’ pur vero che l’essere contemporaneo è alla fine della sua fase primitiva. Ma l’Uomo Universale si realizzerà solo quando il suo processo mentale avrà totalmente metabolizzato le diversità che lo circondano sino ad annullarle. Il tratto terminale del ciclo evolutivo poggia su pochi pilastri ma molto solidi, rappresentati da quegli esseri superiori che da sempre costituiscono il mezzo trainante per tutta l’umanità. Dio ha creato l’uomo dal nulla; l’uomo deve scoprire Dio dal tutto. Quel tutto che è contenuto nel Grande Libro della Natura che ci sta sotto gli occhi e che giorno dopo giorno ne sfogliamo le pagine. Intanto, è indispensabile stabilire norme che cambino radicalmente la vita dell’intera umanità. La governabilità di un solo stato sino ad oggi ha dato risultati conflittuali che hanno sempre posto un popolo contro l’altro. Ecco il grandioso compito affidato ai pochi esseri superiori che con la sola forza dell’amore hanno sempre svolto e continueranno a svolgere a favore di tutti i propri simili. Il lavoro da fare è immenso ma l’obiettivo è infinito. Dobbiamo subito sciogliere le catene con cui lo sviluppo industriale da quasi duecento anni tiene legata l’umanità al maledetto petrolio, fonte continua nello stesso periodo di tanti sanguinosi conflitti (petrolio che tutt’al più dovrebbe essere utilizzato soltanto per le future e immediate iniziative interplanetarie più avanti descritte, in attesa di propellenti alternativi, più ecologici e potenti); produrre, inoltre, nuove fonti di energia rinnovabile a costo zero che la natura ci offre pacificamente a piene mani, e fare in modo di distribuire questa ricchezza più equamente fra i tanti. L’accumulo di ricchezza nelle mani di pochi è stato uno dei mali evidentissimi dell’uomo contemporaneo: quando il denaro ristagna, quando l’acqua ristagna imputridisce, ed è crisi fonda per tutti, anche per gli stessi pochi, costretti ad isolarsi, a nascondersi per non essere depredati. Uno dei primissimi insegnamenti, da introdurre in ogni ordine di scuola per cambiare radicalmente la corrente mentalità sul denaro, deve essere il senso di vergogna che il possederne tanto susciterà in ogni cittadino (vedi stipendi e pensioni d’oro che non hanno alcuna giustificazione morale, utili solo al ristagno della moneta): è facile, perciò indegno, affrontare la vita con le casseforti piene; molto più difficile invece, perciò eroico, campare con mesate di poche centinaia di euro per nucleo familiare. Provassero i ricchi a farlo; è certo che fallirebbero dopo i primi tre giorni. Le banche oggi sono piene di soldi fino a scoppiare; ma se il flusso di denaro liquido continua a comprimersi, se le banche non trovano più a chi vendere la loro unica merce, il sistema rischia l’implosione. Se improvvisamente i ricchi dovessero richiedere tutto il loro denaro in un colpo le banche, ora come ora, non sarebbero in grado di restituirlo, avendo dovuto intaccare i capitali loro affidati per coprire, fra le tante, anche le ingenti spese giornaliere necessarie al loro funzionamento. Per giungere al pareggio le banche sarebbero costrette a far immediatamente rientrare tutte le vendite di denaro effettuate con quei capitali depositati; un'operazione del genere è praticamente impossibile, perché tanti debitori non saprebbero proprio come restituire le somme avute. L’immobilità bancaria, perciò, frena la vendita di moneta impedendo così di ricavare quei frutti che tale attività deve giustamente produrre, almeno per la copertura di quelle stesse spese. Controproducente al massimo livello, poi, che le banche inseguano scioccamente come unico obiettivo quello di ampliare sempre più il divario fra i pochi ricchi ed i tantissimi poveri. E’ più intelligente, invece, ridurre tale divario perché, se i poveri non sono più poveri, li si mette in condizione di acquistare quello che i più ricchi producono. Il denaro è un treno sempre in movimento su cui tutti hanno il diritto di salire; se invece vi viaggiano solo i ricchi, i biglietti venduti sono pochissimi e di conseguenza misero l’incasso per la comunità. Il discorso è volutamente elementare proprio per essere capito da tutti. Ciò che invece è incomprensibile sono i discorsi che da tempo vanno facendo i politici, speculando su una crisi di cui proprio loro governanti sono causa con il proprio cronico immobilismo, e in tanti casi pure per innata incapacità. Non si è in grado di frenare la dilagante disoccupazione? Allora si ricorre a sistemi temporanei e immediati per tamponare l’emorragia di posti, come quello, ad esempio, di dimezzare gli orari di lavoro per raddoppiare il numero degli occupati sia nel pubblico che nel privato; una pur minima fonte salariale è necessaria per continuare almeno a sperare. E’ inconcepibile anche per le menti più limitate poter vivere senza un reddito. Il diritto al salario minimo per chiunque è legge da promuovere subito. Altro che crisi; vi dimostro con i fatti che la crisi, voluta da pochi furbi e causata da molti stupidi è facilmente superabile, con tutte le iniziative da promuovere. Quanto lavoro per tutti c’è, invece; e per il benessere di tutti bisogna immediatamente attivarsi. Basta poco. Intanto sono da riconvertire per prime proprio le banche; da depositi di moneta contante anonima esse devono trasformarsi in istituti per l’amministrazione della moneta virtuale nominativa. Una legge ad hoc deve abrogare subito la circolazione e l’uso dell’attuale moneta, sostituendola con quella nominativa (le attuali card) su cui ogni transazione, motivata da apposita codifica, regolerà la vita finanziaria di ogni cittadino. Nel giro della sua entrata in vigore ogni reato patrimoniale scomparirebbe dai codici. Chi potrebbe opporsi a tale provvedimento se non evasori, usurai, ladri, spacciatori, ricettatori; giornalisti e artisti, politici e giudici, manager e professionisti corrotti. La persona onesta non ha nulla da temere da un tale provvedimento, mentre ha il diritto di sapere chi e perché prende denaro dalle casse pubbliche, in cui vanno a finire i propri sacrifici tradotti in tasse. Quanto alla privacy, essa è più garantita da una card nominativa, che per svelare i propri segreti necessita di un terminale inattaccabile, piuttosto che da un metaforico portafoglio in qualsiasi momento e luogo vulnerabile. Il sistema della card nominativa snellirebbe totalmente la purulenta burocrazia che, grazie ai suoi secolari lacci, costringe il cittadino a dover foraggiare il burocrate di turno, che verrà impedito nella sua losca attività proprio dal dover codificare la transazione monetaria virtuale dalla card del cittadino alla propria. Immaginate quanto lavoro c’è per tutti sino a che il denaro, anche quello nominativo, sarà estinto definitivamente perché inutile, avendo nel frattempo l’essere umano realizzato il principio del tutto a tutti per solo diritto di nascita da cui scaturiscono altri diritti inscindibili per ogni essere umano: Abitazione, Alimentazione, Ambiente, Assistenza, Lavoro, Libertà. Si può inoltre attivare un’altra fonte di lavoro, procedendo subito alla riconversione degli istituti di case popolari per cancellare definitivamente dai piani urbanistici gli incivili quartieri popolari e le invivibili favelas che allignano alle estreme periferie delle più grandi città. Tali istituti vanno trasformati in Agenzie Immobiliari di Stato che provvederanno solamente ad amministrare, dopo averle assegnate agli aventi diritto, case situate in edifici già realizzati in proprio da imprese private; assegnazione per ogni edificio non superiore al 20% degli alloggi totali, occupati naturalmente ognuno da un solo nucleo familiare, diluendo così le famiglie a rischio ed evitando la piaga dell’associazione a delinquere. Il diretto contatto con famiglie più civili influenzerà positivamente i nuclei più retrivi, con l’ulteriore beneficio che i più abbienti darebbero lavoro ai bisognosi. Altro vantaggio l’abolizione delle gare d’appalto che l’attuale situazione trasforma in focolai di corruzione per l’inveterata abitudine di richiedere bustarelle; malevolo andazzo che di conseguenza spinge le imprese ad eseguire opere scadenti che necessitano già di manutenzione a soli pochi mesi dalla loro ultimazione. C’è poi da incentivare il turismo con l’introduzione della legge per il Turismo di Stato, con cui tutte le famiglie a basso reddito potranno fare le proprie vacanze periodiche, provvedendovi direttamente lo stesso Stato; inviando quelle famiglie in luoghi di villeggiatura, anche fra i più rinomati; distribuendole indiscriminatamente fra i più abbienti con apposito sorteggio. Ed eccoci al punto più importante dell’evoluzione lavorativa umana: riconvertire senza più alcun indugio tutte le fabbriche di armi nel mondo, riavviandole alla produzione di mezzi più potenti atti allo sfruttamento di ogni risorsa che terra, mare e cielo possano dare all’uomo. I beni che la natura ci offre dalle cime più impervie alle profondità oceaniche sono alla nostra portata. Ma la miniera più ricca e vasta da sfruttare è quella interplanetaria. C’è da esportare ossigeno sui pianeti a noi più vicini; da trasformare in acqua i granitici ghiacci di quelli più lontani. Intorno ai pianeti più freddi si possono sistemare satelliti orbitali, forniti di giganteschi specchi, per trasformare con precisi calcoli progettuali la loro atmosfera così da renderla identica a quella terrestre, riflettendovi i raggi del sole così imbrigliati, e permettere all’uomo di colonizzare pacificamente quegli stessi pianeti. E quando il sole starà per spegnersi, l’Uomo Universale potrà tranquillamente esportare il suo sistema vitale su altre galassie. Sino a crearne una propria artificiale, autonoma e ripetibile, realizzando così il moto lavorativo perpetuo. Senza nulla togliere a Dio che ci ha indicato la strada.
 
Edito a Bari il 20.8.2013

giovedì 15 agosto 2013

LETTERA AI FORCAIOLI BOIA

E smettetela di essere forcaioli. Un Gran Signore ci ha insegnato che chi è senza peccato alzi la prima mano. Ve ne rimarrebbero ben poche alzate. Chi, almeno per una volta non ha fatto del male agli altri per proprio esclusivo interesse, o per assoluto disinteresse; chi ha sempre ritirato ogni scontrino delle sue spese; chi ha sempre pagato sino all'ultimo cent delle proprie tasse o multe. Con questo metro tutti gli italiani sarebbero condannabili, dalle più alte cariche politiche a giudici che cercano comunque un colpevole e mai la Verità; dai più alti gradi militari e di pubbliche amministrazioni sino al più comune dei cittadini. Pochi si salverebbero; ed è proprio a quei pochi che si arrecherebbe il danno più gravoso, perché inciderebbe solo sulle loro spalle il mantenere in carcere un intero popolo. Mi son sempre dichiarato contrario a tale pena; meglio impiegare il reo in servizi utili alla comunità con uno stipendio minimo, dopo aver applicato nei suoi confronti la legge dell'esproprio espiativo. Solo con questo sistema personaggi altezzosi capirebbero il reale valore della moneta; di quella moneta che i comuni lavoratori si guadagnano con sudore e sangue. Quanto a quelli che vorrebbero vedere letteralmente sbranato l'avversario politico, non essendovi riusciti a sconfiggerlo democraticamente, civilmente, son certo che si tratti di figli senza un padre e di conseguenza senza un nonno; altrimenti non odierebbero con bestiale e cieco rancore uomini di età tanto veneranda. Se non ci si sente forti e sicuri del sistema democratico in uso, è meglio ritirarsi dalla politica e tornare a fare vecchi mestieri; sempre che se ne avesse uno prima. Una pacifica stretta di mano, vitopetino.

Edito a Bari il 15.8.2013

venerdì 2 agosto 2013


L’AMARO IN BOCCA

 

Le politiche dello scorso febbraio mi hanno regalato quel dolce sapore che solo una vittoria sul campo può dare, e chi è stato atleta come me può ben capirlo. Vedere escluso dagli eletti uno come Fini con l’unico mezzo civile in mano al Popolo Sovrano, il consenso elettorale, è stato un momento davvero inebriante. Senza alcuna violenza, ci siamo liberati di un abusivo parlamentare (oltre i due mandati), e di uno dei maggiori artefici del disastro italiano, fatti salvi i suoi interessi personali. Mi sarebbe piaciuto sconfiggere allo stesso modo tutti gli altri che illegalmente occupano poltrone in parlamento (oltre i due mandati, unico mezzo altamente igienico per una immediata disinfestazione delle istituzioni vitali di uno stato moderno); sconfiggere allo stesso modo soprattutto il signor Berlusconi. La prima sensazione euforica dopo la condanna, però, è stata ben presto travolta dal modo in cui tale vittoria è venuta. Vista l’impossibilità di sconfiggerlo democraticamente, si è dovuto ricorrere ad ogni più piccolo sotterfugio, ad ogni più grande accanimento, pur di ottenere a tavolino quella vittoria che non si è stati capaci di ottenere in campo. E sono proprio queste le vittorie che lasciano l’amaro in bocca e un profondo disgusto nell’animo di un vero atleta, amante del confronto leale, imparziale, giusto, rispettoso in primis delle età venerande. Altrimenti non vi sarebbe più rispetto né per amici e né per avversari; né per vecchi e né per giovani; per nessuno. Lo si è dipinto il Berlusconi come il Male Supremo delle cose italiane, dimenticando di essercelo ritrovato dopo un cinquantennio disastroso, sfociato poi in Tangentopoli. Se fosse quel mafioso descritto da certa stampa cartotelevisiva, come mai, dopo aver subito sino all’incredibile, non ha utilizzato uno di quei sistemi da veri mafiosi che in passato ha visto più volte nella polvere (e non metaforica) giornalisti, politici, giudici? Questo io mi son sempre chiesto. Indicibile, poi, i commenti dei più giovani; si sa che le cattiverie più cruente sono quelle dei bambini, ma in alcuni casi si è oltrepassato ogni limite dell’indecenza. Volere morto un vecchio signore supera ogni delinquenza comune. Non avere rispetto di un 77enne agli sgoccioli fa pensare a tanti figli di enne enne. Noi Popolo Sovrano lo volevamo soltanto fuori dal Parlamento dopo un civile agone elettorale.

 

Edito a Bari il 2.8.2013

sabato 27 luglio 2013

OBAMA AIUTACI A LIBERARCI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Signor presidente Obama, l’ennesima strage di innocenti appena perpetrata nel suo paese rianima le speranze affinché il nostro sogno si avveri al più presto. La preghiamo, continui così; faccia finta di essere addolorato; finga di volere a tutti i costi una legge per l’abolizione delle armi, anzi per la chiusura di tutte le fabbriche di armi lasciando andare, al contrario, le cose come sinora sono andate. Non solo i fabbricanti di morte, ma anche il resto del mondo pacifico e civile le sarà grato, perché potrà conquistarsi senza violenza alcuna un territorio grande, produttivo e bello come sono gli Stati Uniti, quando gli ultimi due yankee si saranno eliminati a vicenda. La barbarie di un popolo che si autodistrugge ha sempre premiato i vicini. E’ necessario che qualcuno ve lo dica: continuate a restare legati alle arcaiche leggi del vostro vecchio west, certi che anche il più debole debba avere la possibilità di difendersi, senz’accorgervi che tale sistema è nient’altro che autolesionistico, utile soltanto a rimpinguare i già pingui porci armieri. Signor presidente Obama, ci aiuti.

Edito a Bari il 27.7.2013

domenica 14 luglio 2013

LAVORATORI UTILI E LAVORATORI INUTILI
(a proposito di stipendi d'oro e vergognosi privilegi)

 
E’ nel bar aziendale dell’Ente Italiano Acqua e Fogna (EIAF) che più d’un mese fa è cominciata quella disputa, sfociata poi nell’attuale situazione di disagio per l’intera città. Colino il fognino, sindacalista, si lagnava con i colleghi per la vergognosa differenza di stipendio fra operai e dirigenti. “E dire che l’Eiaf sta in piedi grazie al nostro di lavoro, e non a quello degli strizza scartoffie”, concluse Colino. Ma le parole appena dette erano state colte da uno dei 32 alti dirigenti che proprio in quel momento stava entrando nel bar. In meno di dieci minuti Colino fu convocato dal presidente, all’ultimo piano della storica sede dell’ente. Le reciproche rivendicazioni sulla maggiore e minore utilità dei rispettivi ruoli dette inizio allo sciopero alternato delle due categorie, dirigenti e operai, con cui si sarebbe dimostrato quale fosse il lavoro più utile. Cominciarono per primi i dirigenti, dicendosi certi che pochissimi giorni senza il loro contributo avrebbe messo in ginocchio l’Eiaf e tutta la sua manovalanza. Ma non bastò una settimana per piegare gli operai che, con la collaborazione dei più specializzati, riuscivano ad interpretare progetti, eseguire nuove reti e provvedere alla manutenzione delle vecchie in perfetta sincronia, e armonia soprattutto; insomma, il lavoro procedeva in maniera forse anche più celere, avendo abolito completamente ogni maleodorante fronzolo burocratico; utilizzato, invece, a profusione dai dirigenti per dare una parvenza di indispensabilità al proprio ruolo, altrimenti inutile. Prima che la loro inutilità divenisse evidente anche al più distratto dei cittadini, immediatamente i dirigenti sospesero l’astensione dal lavoro, permettendo agli operai di cominciare a loro volta lo sciopero. Furono sufficienti appena poche ore di braccia incrociate quando, per mancanza di manutenzione della rete fognante, un puzzo insopportabile si diffuse per tutto il primo piano. A metà giornata i reflui prodotti dall’alta dirigenza avevano raggiunto il soffitto del piano. Man mano che i liquami salivano di livello, i dirigenti si spostavano ai piani superiori. Pare che questa sia la ragione inconscia che da sempre spinga i papaveri più alti a sistemarsi a piramide, con la gerarchia massima agli ultimi piani e via via tutti gli altri a scendere nei piani più bassi, contribuendo a creare già fra loro incomprensibili motivi di differenze sociali. Al terzo giorno, quando tutti i dirigenti s’erano accatastati all’ultimo piano del palazzo dell’Eiaf, circondati e assediati dai contenuti dei loro giornalieri bisogni corporali, ad evitare che il principio di fisica elementare noto come caduta dei gravi avesse i suoi effetti, facendo rientrare quelle stesse quotidiane necessità dall’alto degli orifizi urlanti, e poi sentirle per gravità ricadere in basso, in un moto rotatorio senza fine, si arresero, ammettendo la loro inutilità con la rinuncia alle vomitevoli retribuzioni autostabilitesi e conseguente esproprio espiativo.
Logico risultato della vertenza fu l’immediato accordo economico raggiunto fra le parti, con il quale si stabilì che mai più la retribuzione del livello più basso della classe operaia sarebbe stata inferiore ad un terzo della retribuzione massima erogata dall’ente. Tutti i lavori concorrono in egual misura e dignità a rendere una società sempre più civile e giusta.

Edito a Bari il 14.7.2013

domenica 7 luglio 2013

 FINE MILLENNIO O FINE D'UN MITO
Fra i miti ve ne sono tanti che cadono come le stelle spente. Pochi quelli che brillano in eterno. Ma uno di cui mai mi sarei aspettato la parabola discendente è il, per me ancora caro, professor Antonino Zichichi. Alcuni giorni fa m’è capitato fra le mani un suo libro, “L’IRRESISTIBILE FASCINO DEL TEMPO” (edizione Mondolibri spa Milano stampato nel febbraio 2001),  di cui un amico ho pensato me ne facesse dono; solo dopo averlo letto ho invece capito che se n’era liberato. Un libro di 266 pagine, in cui per ben 217 pagine l’autore (all’epoca “settantino”, detto alla siciliana) s’incaponisce, con la forza più che con la ragione, a voler dimostrare che il terzo millennio è iniziato il primo gennaio 2000; salvo poi a contraddirsi palesemente nello specchietto di pagina 216 da lui compilato, in cui non s’accorge che, trasformando in termini “matematici” la data di lunedì 1.1.2001 con il numero 2001,0027379, sbaglia perché, sempre con la sua stessa formula matematica (0,0027379=1/365 pari a un giorno come da lui calcolato), con quel numero sta indicando che in realtà dell’era cristiana sono trascorse 2001 parti intere (anni) e una frazione dell’anno successivo, in pratica sta indicando la data dell’1.1.2002; mentre avrebbe dovuto scrivere il numero riportato più in basso 2000,0027379, cioè 2000 anni interi (al 31.12.2000) che chiudono i primi due millenni e una frazione del nuovo anno (primo giorno del 2001) che apre il terzo millennio, in sintesi la data di lunedì 1.1.2001: che per una perfetta combinazione immanente si presenta come primo giorno del 3° millennio, primo giorno del 21° secolo, primo giorno dell’anno, primo giorno del mese, primo giorno della settimana.
Avviandosi sul cammino della civiltà, ad un certo punto l’uomo ha sentito la necessità di dare un ordine al trascorrere del tempo. E man mano, in tutto l’occidente e in gran parte del mondo restante, è andato affermandosi il sistema convenzionale data/orario gregoriano, perfezionato dagli ultimi risultati tecnologici, che tutti ormai riconosciamo come il sistema più valido ad ammortizzare in maniera quanto più precisa possibile la sincronizzazione fra equinozi. Ma tralasciando tutta la teoria tecnico-scientifica sull’argomento “tempo”, e considerando l’uso pratico che anche il semplice villano deve farne giornalmente, cercherò di spiegare le incongruenze riscontrate nella citata opera del caro professor Zichichi.
Inizio con l’esporre il duplice significato che per ogni uomo hanno quelle cifre che quotidianamente si scrivono o si leggono per indicare una data: oggi 7 luglio 2013 vuol dire che dell’anno 2013 dell’era cristiana ne stiamo trascorrendo il settimo giorno del settimo mese; cioè, perché sia trascorso completamente il 2013, dobbiamo attendere la mezzanotte fra il 31 dicembre e l’1 gennaio prossimi; ovvero, dalla nascita di Cristo sono trascorsi esattamente 2012 anni, 6 mesi e 7 giorni, tralasciando le ore. In termini più esatti e riconosciuti anche dalla Chiesa e dai Custodi del Tempo di Londra, il 3° Millennio è cominciato allo scoccare della mezzanotte fra il 31 dicembre 2000 e l’1 gennaio 2001.
Il primo concetto da tener presente ogni volta che anche quel villano effettua una conta è naturalmente matematico, anzi per essere ancora più semplici, è aritmetico. Alla base della nostra cultura, a noi occidentali sin dalle classi più elementari è stato posto, fra i tanti, un plinto che si radica nel sistema decimale. Pertanto il semplice villano ha la certezza che, a parte l’unità, le decine, le centinaia (secoli), le migliaia (millenni), eccetera, terminano esclusivamente con zero.
Completamente estemporanea l'invenzione dell’anno zero introdotta da Zichichi. In un ipotetico arrivo anteporre lo 0 al 1° è un assurdo logico; come dire che il primo è stato preceduto dallo “zeresimo”. In altri termini che il primo è stato preceduto da nessun altro della stessa specie e che, pertanto, lo 0 rappresenta nient’altro che nessuno, il nulla, l’inconsistenza, la statica perfetta; in geometria il punto, di partenza o d’arrivo, che non ha dimensione. Nel calcolo delle distanze, lo rappresentiamo come linea spartiacque fra l’immobilità assoluta e il movimento: solo spostandoci da quella linea s’abbandona lo zero per passare a valori reali, positivi o negativi, percepibili ad occhio nudo come il millimetro, centimetro ed oltre. Nel calcolo del tempo, lo rappresentiamo come linea spartiacque fra l’immobilità assoluta e il movimento: finché non si pigia il pulsante d’un cronometro, ipotetico o reale che sia, tutto è fermo, continua a persistere quello zero senza alcun valore; appena premuto quel pulsante il nulla, il vuoto, l’immobilità scompaiono per dare inizio a valori reali come il picosecondo e il nanosecondo (misurabili solo con apparecchi atomici, quindi, del tutto inutili per il comune mortale che non riesce ad averne la percezione mentale), il millesimo e centesimo di secondo (misurabili con semplici apparecchi manuali, perciò utili tutt’al più per manifestazioni sportive). Ma quando gli esseri umani si chiedono la data o l’ora, contano soltanto il giorno, il mese, l’anno e, tutt’al più per esattezza, l’ora e il minuto. Che senso ha aggiungere alla lettura i secondi quando, leggendo quello del momento, non si ha manco il tempo di dirlo che siamo già a quelli successivi. Pertanto introdurre un fantomatico anno zero è un assurdo matematico, se il trascorrere di un periodo di dodici mesi lo nominiamo zero. Certo, ad ogni anno si può dare il nome che si vuole; vi sono calendari orientali in cui si susseguono nomi di animali: l’anno dell’asino, ad esempio. Ma nel nostro conteggiare il tempo, il nome di ogni anno corrisponde ad un numero. Pur nominando con l’inesistente anno zero i primi dodici mesi dell’era cristiana, avremmo una situazione simile: al predetto anno zero dei zichichini corrisponde, per noi precisi, l’anno uno, e di seguito, all’anno 1 loro il 2 nostro; così continuando, saremmo giunti in perfetto sincronismo, loro al 31 dicembre 1999 (con l’anno zero sommano 2000 anni, per l’appunto), e noi al 31 dicembre 2000; e comunque, mettendoli in parallelo, avremmo dovuto festeggiare, come dimostrato, contemporaneamente l’inizio del terzo millennio. Incongruenza che lo stesso Zichichi mette inavvertitamente in grande evidenza a pagina 107 (“Dall’anno 8 a.C. all’anno 8 d.C. c’erano sedici anni …”; introducendo l’anno zero come da lui sostenuto, avrebbe dovuto dire “... all’anno 7 d.C. c’erano sedici anni …”) e a pagina 116, nella quale evidenzia lo zero proprio al centro dei periodi a.C e d.C., senza dargli, dunque, spessore alcuno; una semplice linea di demarcazione senza alcun valore.
Ovviamente nel discorso pratico del trascorrere del tempo, nulla ho da eccepire su quanto affermato relativamente a temi specifici non alla mia portata, come orologi atomici, asse terrestre e simili; temi che esulano da quella praticità quotidiana del semplice villano; di contro ho anche tralasciato amenità del tipo bullone-automobile e molecole fruttarole varie contenute nel VII capitolo, un vero inno alla contraddizione e incongruenza, ottenendo l’unico risultato di confermare nero su bianco il contrario delle sue convinzioni sull'inizio del terzo millennio.
Sono certo che per le tante incongruenze appena elencate il caro professor Zichichi si sia giocato il Nobel; e, se non si tratta di un refuso, quando riscontro a pagina 215 che movimento orbitale e movimento di circonvoluzione della Terra sono movimenti opposti, uno antiorario e l’altro orario, comincio a temere molto anche per la sua laurea.
 
Edito a Bari il 7.7.2013

sabato 22 giugno 2013

IL SECOLO DELLA COSCIENZA

Il diciannovesimo secolo, con lo sviluppo della società industriale, ha permesso all’umanità di spezzare le vergognose millenarie catene rappresentate dalla servitù della gleba. Nel ventesimo secolo l’uomo è riuscito ha conquistare moltissimi diritti prima negati, toccando il culmine con le libertà  individuali. Il ventunesimo secolo sarà quello della definitiva presa di coscienza delle finanze della terra. Non è più possibile che una minima parte dell’umanità detenga tutte le ricchezze a discapito della maggioranza. Quest’ultima è in avanzata fase di comprensione del concetto naturale che tutti concorrono alla produzione nella stessa misura; e preparazione, intelletto, e intrallazzi vari non possono più essere motivi per un divario retributivo così abissale e vergognoso fra chi lavora solo di mente e chi opera con la forza fisica che, comunque, comporta anche e sempre un impegno mentale. Ogni individuo vale quanto il proprio simile e ha diritto a goderne gli stessi benefici, al di là di religione, ceto sociale, gerarchia, o quant’altro di assurdo si è solito tirare fuori per giustificare gli enormi, sproporzionati e sempre vergognosi emolumenti che alcune indegne categorie si autodeterminano, infischiandosene consapevolmente e irresponsabilmente di chi non ha nulla. I segni premonitori vi sono tutti. L’allarme per i prevaricatori è già squillato: caduta del Muro, eliminazione di molti dittatori o re che dir si voglia, primavere Arabe, Libia, Siria, Grecia, Spagna Portogallo, Italia con le tantissime defezioni elettorali, Turchia, Brasile e le rivendicazioni del suo popolo più povero. Tutto concorre per ottenere al più presto, senza ormai più escludere anche il ricorso alla violenza, una più giusta ed equa distribuzione delle ricchezze. Non ci si può illudere ancora a lungo che i Popoli continuino ad accontentarsi di “annusare il benessere” che gli si propina a piene mani con tv e riviste patinate, senza che poi ne possa godere in realtà. E’ evidente, più che lapalissiano, che la gente comune non si accontenta più: non solo si vuole “l’Uno vale Uno”, ma soprattutto si chiede con forza, per ottenerlo con immediatezza, “l’Omnia Omnes”. Siete avvisati! Basta con i furti dei diritti dell’uomo sull’uomo; è uno dei reati più gravi, perché spesso e volentieri ha come tragica conseguenza la morte della vittima innocente, come si è avuto modo di constatare in Italia nei numerosi casi degli ultimi mesi.

Edito a Bari il 22.6.2013

giovedì 6 giugno 2013

FEDI DI CUOIO

Certamente il vostro D’Alò è juventino. Naturalmente, in quella sfera di cuoio presa a calci da tutti, noi di fedi contrarie, quindi noi maggioranza, dissentiamo completamente dalle sue affermazioni. Intanto, la fede è fede ed è a vita, per qualunque maglia, colore o sport si parli; lievi variazioni di percentuale nelle tifoserie si possono avere tutt’al più ad ogni cambio generazionale e non nel volgere di un esiguo lustro, si vinca o si perda; altrimenti non esisterebbero tifoserie di squadre come Bari, Palermo, Atalanta ed altre che mai nulla hanno vinto. Inoltre, se nell’articolo di ieri ai termini juventino (bianconero, zebra, Torino, eccetera), sostituiamo romanista (giallorosso, lupa, Roma), milanista (rossonero, diavolo, Milano), partenopei (biancazzurri, ciuccio, Napoli), abbiamo un pezzo buono per tutte le stagioni e colori. Alla fine, perciò, rimangono decisivi proprio quei “numeri freddi e incontestabili” i quali, insieme alla più longeva  e potente proprietà calcistica in Italia (gli Agnelli, per oltre un secolo prima servitori della monarchia e poi “monarchi” loro stessi), rappresentano l’altra “forza” dei torinesi. Traducendo quei numeri in titoli nazionali, infine, bisogna ricorrere proprio alla fredda aritmetica: la statistica di D’Alò dice che trenta tifosi su cento sono di fede juventina, di conseguenza tre arbitri su dieci da ragazzini hanno tifato per i bianconeri, pertanto, anche se inconsciamente, il primo amore non lo si scorda mai, in Italia … Per i titoli internazionali è tutt’altra storia, a conferma della nostra teoria. Purtroppo tu, mio caro Bari, così come tutte le squadre povere, non potrete mai vincere nulla; non basta aver fede in una sfera di cuoio, è necessario avere altro tipo di cuoio molto vicino al cuore. A questo punto, meglio non partecipare: da oltre 20 anni lo scudetto viaggia nel breve tragitto Milano-Torino se si escludono i due titoli del 2000-2001. Roba da campionato cipriota, altro che calcio più bello del mondo!

Edito a Bari il 6.6.2013

venerdì 31 maggio 2013

ITALIOTA CAPARBIETA’

E’ mai possibile che in Italia vi sia una ottusità così diffusa; una ottusità che accomuna vecchi parlamentari (i componenti del Branco che hanno superato vergognosamente di gran lunga il doppio mandato e continuano a difendere con le unghie i loro illeciti privilegi) e i loro elettori: i soliti cocciuti militanti; gli spazzini del voto; quei cittadini tesi a difendere il proprio posto di lavoro pubblico. Tanto distratti questi ultimi da non accorgersi di fare del male anche a se stessi in un futuro non lontano se la crisi dovesse perdurare coinvolgendo sempre più settori; cittadini che, per il proprio immediato tornaconto, non riescono nemmeno a concepire quanti danni i propri abusivi rappresentanti hanno causato al paese. Tutti i sostenitori del Branco, parlamentari della finta destra e della finta sinistra, raccatta-voti imbecilli, autentici stupidi con la casacca di “giornalisti in libro paga pubblico” che con penne e microfoni, branditi minacciosamente in faccia a mo’ di arma, cercano di “ferire” con domande sarcastiche, non gli autori dello scippo nazionale a cui sono asserviti ma, guarda guarda, proprio gli ultimi arrivati nelle aule parlamentari, gli incolpevoli ragazzi Stellati (e quando dico ragazzi non mi riferisco all’età anagrafica del singolo: vi sono giovani di 80 anni e decrepiti ventenni, in conseguenza di menti più o meno aperte alle innovazioni per meglio distribuire altruisticamente la ricchezza del paese, e non ritenerla egoisticamente nelle mani sterili di pochi incapaci); Stellati a cui vogliono addossare la responsabilità della nascita di quel mostro deforme chiamato “governo Letta”. Ma non era stato detto a chiare lettere quale fosse il programma del Movimento Stellato? E’ per tale programma che gli elettori hanno convogliato una valanga di voti in suo favore, stanchi dell’incapacità di chi ci ha portati al disastro. Stanchi della dittatura dei partiti, che affonda le sue radici nei primissimi anni 60, sino a giungere con l’attuale legge elettorale alla spudorata cancellazione del sacrosanto diritto di un Popolo a scegliersi i propri rappresentanti parlamentari. Perché, quindi, meravigliarsi da perfetti idioti se il Movimento non accetta accordi con chi ha depredato la casa degli italiani. Perfetti idioti che continuano ad affidare la propria casa a chi l'ha ignobilmente spogliata. Chi ha tradito, perciò, il proprio elettorato, gli Stellati che hanno difeso per oltre quattro mesi le proprie linee programmatiche, senza spostarsi di un sol soffio dalle nuove iniziali trincee istituzionali prospettate, nonostante gli innumerevoli tentativi di corromperli perpetrati da più parti, rosse o nere che fossero; oppure gli altri schieramenti che, alla faccia delle reciproche minacce dichiarate, dell’odio soprattutto esternato gli uni contro gli altri, alla fine hanno comunque accettato quel bel mucchio di letame composito, pur turandosi il naso e soprattutto il cervello. Vi dico di più, se quel 24 febbraio il 25% degli astenuti avesse dato il proprio appoggio al Movimento Stellato permettendogli di ottenere la maggioranza assoluta in entrambe le Camere, oggi avremmo un Paese tutto nuovo con le seguenti leggi già approvate: a) Repubblica Presidenziale e Unicamerale (riducendo i parlamentari a sole 300 unità con emolumenti ridottissimi, inducendo i più capaci della parte residua degli attuali membri a darsi ad attività private per produrre e guadagnare di più, e il restante gruppo maggioritario ad inseguire altre attività più consone alla loro incapacità); b) istituzione della carriera politica cominciando dalle circoscrizioni e, con un massimo di due mandati quadriennali, procedendo gradualmente sino in parlamento (si eviterebbe di ritrovarsi in un colpo solo tanti ricchi scemi nelle massime istituzioni); c) abolizione del finanziamento ai partiti e di tutti i vergognosi privilegi di cui si sono coperti quelli del Branco; d) scioglimento dei partiti (che possono ricostituirsi sotto associazioni di cittadini ideologiche, private, autofinanziate e autogestite); e) elezione diretta di ogni carica istituzionale, sfruttando la capillare estesa rete delle amministrazioni condominiali, regolate da apposite leggi con cui organizzare con pochissima spesa le primarie, dalle quali comporre le liste dei candidati per ogni ordine istituzionale (questo punto posso chiarirlo in ogni suo aspetto in altra sede); f) modifica degli articoli della costituzione che sono stati palesemente stravolti sino a realizzare, non uno stato repubblicano e democratico come il referendum dei nostri padri ha sancito, ma una sottospecie di abusiva monarchia assoluta; g) elezione diretta dei giudici; h) strenua lotta all’evasione fiscale con approvazione della legge per l’esproprio espiativo confiscando i beni con effetto retroattivo. Questo per cominciare, se si vuole un Paese snello, scattante e pratico, in una parola una macchina esecutiva perfettamente efficiente; scopo primario delle nuove leggi è quello di confezionare legacci che limitino le "pazzie" di certi parlamentari; una rete di leggi a mo' di camicia di forza per il bene del Popolo Sovrano. Se il bene dell’Italia vi sta a cuore, quindi, date la vostra fiducia al Movimento degli Stellati; mi rivolgo naturalmente alle persone intelligenti che, per nausea, non vanno più a votare. Proviamo, almeno; abbiamo dato i nostri voti per decenni a chi si è dimostrato chiaramente indegno della nostra fiducia. Intanto, cambiamo noi le cose; perché il Branco non lo farà mai. A meno di comportamenti violenti di quella parte di cittadini che proprio non ce la fa più a sopravvivere. Voi che fareste al loro posto?

dito a Bari il 31.5.2013

venerdì 24 maggio 2013

DIRITTO D’INGIUSTIZIA

Che mi sia messo a fare la lotta ai re è cosa che risale all’adolescenza. Evidente quindi che avverso tutti i Berlusconi del mondo e mai li difenderei. Però questo pregiudizio non può inficiare la mia obiettività di persona matura, equamente sempre al di sopra delle parti. Dunque, una cosa è chiarissima anche al più cieco degli uomini. C’è in giro per il paese una sorta di distorta giustizia che mira a colpire chi sfortunatamente incappa nelle sue ire e che abbia idee contrarie alle proprie. Chi invece le abbraccia, quelle idee lo rendono immune da qualsiasi reato. Emblematico il caso Penati e altri casi simili, accomunati dallo stesso colore politico: chi non s’è accorto della sceneggiata messa in atto in quello stesso Tribunale di Milano per gran parte mancino, pur di “salvare” con la prescrizione uno che noi Popolo Sovrano avremmo volentieri appeso alla mussolini, non per giustiziarlo, ma soltanto per fargli svuotare le tasche e riprenderci il nostro. Che la Giustizia insegua i potenti mascalzoni e affamatori è sacrosanto diritto, ma non sino a torturarli per una vita, o sino a che non cambino opinione pensandola come loro; tutt'al più sarebbero da condannare a vivere con mille euro al mese. Figurarsi, perciò, che farebbero a un qualunque cittadino come me, se questa giustizia decidesse di mettermi le mani addosso come è stato fatto per i tanti malcapitati Tortora; addosso ad un comune cittadino che si limita soltanto a trasferire su carta, così come faccio io, la libera manifestazione del pensiero, trasponendovi in sintesi quelle che sono le vaganti voci del Popolo in un libero paese.

Edito a Bari il 24.5.2013

giovedì 16 maggio 2013

I GIOIELLI DI CORNELIA MONTEZEMOLO

Fa piacere leggere della soddisfazione goduta dalla signora Montezemolo, carica dei propri gioielli artificiali, nell’ammirare i gioielli naturali di Puglia. La grande differenza sta nei fatti: mentre noi pugliesi facciamo godere il mondo intero dei nostri preziosi, lei gode egoisticamente da sola delle sue gioie. Di ben altra levatura la soddisfazione mostrata dalla romana Cornelia per i suoi di gioielli.

Edito a Bari il 16.5.2013

venerdì 10 maggio 2013

MORTE DI UN GRANDE LAVORATORE

Sono queste le vite di cui un Popolo mai si priverebbe. Ottavio Missoni è stato un Grande che di riflesso ha illuminato per un secolo il nostro Paese e noi italiani. E’ di questi uomini d'altissimo livello morale che ogni Popolo ha bisogno. Uomini onesti che, nonostante le remore, le panie, gli innumerevoli ostacoli che un Branco di inetti va disseminando lungo la loro strada, si rimboccano le maniche, non solo per il proprio benessere, ma soprattutto per quello dei loro compagni di fatiche; e soltanto con il semplice sudore della fronte creano posti di lavoro, producono ricchezza, trainano un Popolo verso libertà e uguaglianza, in una parola verso la civiltà. I familiari, gli amici, i collaboratori, quando lo circondavano per incontri di lavoro o di spensieratezza, l’hanno sentito dire spesso “Vietato parlare di politica”. Con poche parole, quindi, liquidava la sua valutazione su altro tipo di uomini per i quali, senza sprecarsi più di tanto, esprimeva la sua bassissima considerazione, pur contribuendo in maniera notevole, sotto forma di tasse giuste o ingiuste che fossero, al loro mantenimento. Missoni è stato uno di noi; è stato con noi da questa parte delle sempre più ciclopiche mura parlamentari, dietro cui ormai il Branco con i propri seguaci va vieppiù isolandosi; ha capito come noi che quelle mura rappresentano la reale linea di divisione fra Popolo Sovrano e gli stessi suoi abusivi rappresentanti politici, che ancora tentano di disunirci con fantomatiche linee frastagliate che continuamente ci saettano contro a e da dritta e mancina. Ottavio rimarrà l’emblema vivente della laboriosità di un Popolo; è sempre stato il collaboratore fra collaboratori, mai "il padrone". E' fra i pochi ricchi a cui con facilità, al pari del biblico cammello nella cruna d'ago, il Signore ha permesso di attraversare le porte del Cielo spalancandole.

Edito a Bari il 9.5.2013

mercoledì 8 maggio 2013

ANCHE GLI IMMORTALI MUOIONO

Finalmente. Pensavo che mai avrei visto questa giornata. Che avrei chiuso gli occhi per sempre sotto il simbolo del potere assoluto del signor Andreotti. Temevo che la mia condanna, dalla nascita alla morte, fosse di dover subire la sua ingombrante e dannosa presenza. Cristianamente non dovrei dirlo, ma mi sono sentito liberato da quell’incubo, rappresentato non dall’essere umano in sé ma dal suo diabolico trasformarsi in politico, sostituendosi a quel re (grazie soprattutto agli spazzini del voto di cui sempre si circondano i politici) che il Popolo Italiano aveva scacciato per sempre dal suo ordinamento. Indelebile per me rimarrà il ricordo del suo sadico cinismo quando, in visita ufficiale in Cina pochi giorni dopo lo sterminio dei ragazzi di Piazza Tien An Men, invece che cancellare quella visita come dignitoso ed evidente segno di protesta, ebbe la spudoratezza di stringere le sporche mani, ancora fresche di sangue, dei mandanti di quella strage, giustificando il suo atto con la “ragion di stato”; nessuna ragion di stato, nessuna umana giustificazione può mai assolvere da crimini tanto atroci. Potrò ora godermi il resto della vita senza Andreotti, ma l’ossessione che altri possano prenderne il posto rimane. Questo il motivo per cui è urgente stabilire per legge la limitazione del potere politico in massimo due mandati quadriennali per ogni ordine e grado, e tutti a elezione diretta. Il Popolo Sovrano ha sancito che il re non lo vuole più. Quindi la mia avversione per Andreotti è relativa al quel simbolo di potere assoluto, sostenuto da leggi permissive. Lo statista, il divo, belzebù, il divino Giulio, lui non è stato nulla di tutto questo, ma un semplice uomo che ha saputo approfittare più di ogni altro di quelle leggi. Le sorti dei Popoli si fondano solo e soltanto sul lavoro di menti e braccia eccelse, mai sulla frenante attività parlamentare. Il “boom economico” degli anni ‘60, ad esempio, è frutto soltanto di imprenditori e operai laboriosi, gente pratica che si è rimboccata le maniche senza inutili perdite di tempo, non certo dei politici che, al contrario, con le loro aggrovigliate leggi (parlo di quelle mirate ad agevolare parenti, amici e amici degli amici), hanno agito da elemento frenante a quella che sarebbe stata una stagione molto più prolifica. Sono certo che per tutto ciò che Andreotti ha fatto in politica si sia giocato anche la sua vita privata, trovando sbarrate le porte del Cielo quando vi si è presentato. “Vox Populi” è sempre “Vox Dei”.
 
Edito a Bari il 6.5.2013

mercoledì 1 maggio 2013

1 MAGGIO

Discutere di Lavoro con quel 38% di giovani disoccupati è come parlare dell’ectoplasma delle fiabe di cui anni fa le loro mamme raccontavano per farli addormentare. Se alla disoccupazione giovanile s’aggiunge quella senile, in Italia sembra che lavorino soltanto quelli del Branco (sindacati, giornalisti videocartacei, presidenti vari, Hop-frog di corte, e tutti i compagnucci di merenda parlamentare). Ma siamo proprio certi che sia vero lavoro quello di cui si occupano i componenti del parlamento, visti i deludenti risultati che i pochi capi predispongono e i loro tanti silenziosi, inesistenti seguaci approvano? In fisica Lavoro è il prodotto di Forza per Spostamento. Poiché nel prodotto parlamentare i due fattori sono risultati pari a zero, sempre alla luce dei risultati sinora ottenuti, anche loro non lavorano. Pertanto, in Italia siamo tutti disoccupati. Viva la Festa del Lavoro. Viva il 1° Maggio.
Edito a Bari l’1.5.2013
LUCE

La Luce. E’ proprio piccolissima la parola che da sempre accompagna il cammino dell’Uomo, ma infiniti i suoi effetti. Sono tante le circostanze in cui l’Umanità è stata scossa da questo bene supremo. Ma pochissime quelle che hanno causato radicali stravolgimenti nel comportamento degli individui: il “Fiat Lux” che ha dato origine alla Storia dell’Universo che ci circonda; la Luce del Cristianesimo che ha reso possibile la comunanza e la solidarietà nei rapporti fra singoli esseri umani; l’Illuminismo che ha inculcato nelle genti quei diritti che si acquisiscono per nascita e che rispondono ai bellissimi termini di Libertà e di Uguaglianza; e, per ultimo ma non meno importante, la Luce Universale di Internet che permette a tutte le menti di recepire finalmente che ogni Individuo è sempre uguale a se stesso e a tutti gli altri Individui che lo circondano, senza distinzione di sesso, religione, razza, colore, idioma, ceto e classe sociale, età, ed altre minuscole frammentazioni in cui i prepotenti hanno ridotto l’Umanità per meglio tenerla, prima in schiavitù con la forza della violenza e, in tempi più recenti, sotto controllo col malefico influsso del denaro. Certo, di tempo ce n'è voluto, se si considera che dal “Fiat Lux” è trascorso qualche miliardo di anni prima che cominciassimo a capire il funzionamento della Divina Struttura. E dalla Resurrezione del Cristo, di quella solidarietà necessaria al bene di tutti, poche sono ancora le avvisaglie benefiche di cui si hanno sentore. Quell’Illuminismo sorto negli ultimi anni del ‘700 ha dovuto attendere ben oltre 150 anni per vedere debellata la schiavitù della gleba (il più disumano sopruso di uomo su uomo) da gran parte del consesso civile. Ma sarà Internet (se quei prepotenti, per paura di perdere i loro ingiusti privilegi, non lo distruggeranno) che darà un colpo mortale a tutte le disuguaglianze umane che ancora oggi arrecano sofferenze. E alla luce della regressione geometrica esposta prima per quegli eventi del passato, è certo che in meno di un secolo tutte le uguaglianze sociali verranno realizzate. In questo senso il Movimento degli Stellati (Illuminati pionieri del pensiero contemporaneo) è stato lungimirante. In loro confidiamo affinché questo incommensurabile mezzo di comunicazione di massa sia sempre protetto diffondendone, anzi, sempre di più il suo utilizzo e adeguandolo ai tempi, con le opportune correzioni migliorative. Che nessuno tocchi Internet, faro dei Popoli.
 
Edito a Bari l’1.5.2013

venerdì 26 aprile 2013

MATURITA’
(a tutti quelli che inveiscono contro gli Stellati)
 IN RISPOSTA A QUESTO COMMENTO

“Caro Beppe Grullo, ho visto l'incontro con Letta, ma qualcuno di meno idiota di Crimi e Lombardi non ce l'avete? Sono questi il meglio che vi rappresenta? Ribadisco: piuttosto che votare te mi scopo la Lombardi...brrrr che orrore!!!” (firmato Maria Figandol)

Tu, invece, per dimostrare di essere meno idiota hai ottenuto il contrario tralasciando, mentre scrivevi, di collegare penna e cervello. Ah, l'hai fatto? Allora è proprio quel propellente che ti manca, prenditela con la natura. Da ciò che affermi sembri una ragazzina immatura, perciò da' retta a uno che ha già messo insieme circa 7 decenni (e altrettanti figli). Gli Stellati stanno combattendo una guerra che porterà frutti anche a te, se sei dalla nostra parte della barricata. Se invece stai da quell'altra parte, se fai comunella col Branco parlamentare, allora capisco le tue paure di perdere i ladroneschi privilegi che vi elargite fra di voi. E non permetterti di replicare con ingiurie, confermeresti di essere appunto un ragazzino immaturo, qualunque sia la tua età e sesso. Lasciare andare la penna da sola è la cosa più semplice da farsi; la maturità sta nel controllarla (per un attimo l’ho lasciata andare libera anch’io, ma solo per dimostrarti che l’offesa non paga; di parolacce se ne trovano a iosa nel bidone dei rifiuti, nelle fogne, siti in cui scorre tutto ciò che è senza valore e immergervisi per prelevarne a piene mani è indecoroso; è molto più difficile invece mettere insieme alti pensieri, idee preziose, tutte cose di valore inestimabile, insomma che non trovi nemmeno in gioielleria). Ti chiedo scusa e ti saluto da padre, vitopetino.

Edito a Bari il 26.4.2013

giovedì 25 aprile 2013

25 APRILE

Il 25 aprile è di tutto un Popolo e non di parte, altrimenti che festa della Libertà sarebbe. Festeggiare gli atti eroici di cui è stato artefice tutto un Popolo è sacrosanto. Ma festeggiare come atti eroici vere azioni delinquenziali è da autentici criminali: provate a chiederlo a quelle povere 330 persone delle Fosse Ardeatine se la bomba di via Rasella sia stato un atto eroico. A proposito, l'ANPI prende contributi pubblici? Se sì, qualcuno vuol farci sapere dal 1945 ad oggi quanto ci è costata questa inutile associazione di parte?

Edito a Bari il 25.4.2013
VENDOLA O VENTOLA?

Per smascherare uno dei più viscidi elementi del Branco, è necessario pubblicare alcuni commenti a quest'affermazione di Vendola: “Io vado all'opposizione con l'Italia, con quel paese che vomita quando la politica non è capace di uscire dai propri rituali, dai meccanismi che la uccidono.” COMMENTI
"Vendola vomita soprattutto la mattina quando si specchia."
“Vendola o Ventola? A seconda del vento ruota la girandola.”
“Vendola è l'emblema del doppio mandato (e del multiplo gioco). Non ha capito che vogliamo liberarci di tutti quelli come lui. Anzi, lui è plurimandatario della presa per il culo, e noi, per la sua incolmabile felicità, proprio lì ce lo mandiamo.” Stiamo parlando di quel Vendola che dalla vivisezione dell’ex PCI riuscì ad addentarne un osso, trasformandolo in PRC, e dalla successiva frantumazione gli rimase fra i denti una piccola scheggia che nominò RC; ma non è finita, perché dall’atomizzazione di quella scheggia ottenne un granello osseo chiamato SEL col quale, emulo del suo collega Casini, ha potuto pascere nella prateria parlamentare indisturbato, ininfluente, invisibile, ingrassandosi con quel misero 3% di consensi per oltre 20 anni. VERGOGNA!!! Prima che riesca ad abbindolare altri gruppi, come sta già tentando di fare col Movimento 5 Stelle, lo si tenga alla larga, perché rappresenta quella vecchia guardia da cui proprio gli Stellati stanno cercando di liberare l’Italia."
VENDOLA DECIDITI AD ANDARTENE!!! I soli danni da te causati in Puglia sono maggiori del 26 dicembre 2004 (tsunami), dell'11 settembre 2001 (torri gemelle) e, andando ancora indietro, del Diluvio Universale, messi insieme; te ne chiederemo conto non appena approvata la legge dell'ESPROPRIO ESPIATIVO che sarà immediatamente esecutiva nei tuoi confronti e in quelli di tutti i parlamentari che si sono arricchiti sul sudore e sangue del Popolo. Ciao.

Edito a Bari il 25.4.2013
LUCIANINA … INA … INA

Commento alla proposta della Littizzetto di mandare a casa solo quei parlamentari che le stanno sullo stomaco. “Luciana, hai ragione se estendi il tuo pensiero a tutti quelli che hanno esaurito il secondo mandato parlamentare; ed anche a tutti quelli che ci assillano ogni giorno in tv con la loro stomachevole presenza, con le loro continue cazzate, che solo in Italia vengono pagate a peso d’oro, grazie a mamma rai e alle zie private (le così dette tv-materasso). Cara Luciana, per schivarvi ci costringete di continuo a far difficili esercizi ginnici col telecomando (sia sempre benedetto chi l’ha inventato); inoltre, al contrario di voi dileggianti Hop-Frog a servizio e diletto del Branco, noi semplici e passivi spettatori per pagarvi ci facciamo (prendo a prestito un tuo abituale ed altissimo pensiero) un culo così, cosa che invece tu fingi sempre di farti assieme al tuo caro monachello spogliato “Faziofinta”. Insomma, avete capito che, non solo vogliamo liberarci dei vecchi parlamentari, ma anche di tutti i loro manutengoli televisivi; via le solite facce dal parlamento e dalla tv; vogliamo liberare sia l’uno che l’altra fra le tante res-pubbliche che ci appartengono per il solo fatto di esser nati, che appartengono con pieno diritto, perciò, come tutti i diritti naturali, al Popolo.

Edito a Bari il 23.4.2013

venerdì 19 aprile 2013

POPOLO INETTO

Mentre quelli del Branco continuano a scannarsi per conservare (alla faccia del progressismo) i propri secolari privilegi, il Popolo Sovrano se ne sta passivamente a guardare lo scempio che di sé ne stanno facendo proprio ì più illegittimi (con più di due mandati parlamentari) della rumorosa canea che occupa in pianta stabile i livelli più alti delle istituzioni del Paese. Bisogna tornare indietro di ben 14 secoli per ritrovare sovrani altrettanto inetti come l’odierno Sovrano Italiano. Allora furono i Merovingi che per inettitudine, trucidandosi a vicenda con tradimenti, delitti e guerre civili, furono esautorati dai Carolingi che da “Maggiordomi di Palazzo” si fecero usurpatori di potere, detronizzando in pratica Childerico III, ultimo re fannullone dedito ormai ai soli piaceri del cibo e dell’alcova, per mano del “Maggiordomo” di turno, Pipino il Breve, che si autonominò sovrano con l’avallo illegittimo di papa Zaccaria, rappresentante di quella Chiesa che mai si faceva i fatti spirituali propri. Se non altro l’attuale nostro Sovrano-Popolo qualche attenuante ce l’ha: agli inizi della sua storia, non per inettitudine, ma per troppa fiducia nei propri “Maggiordomi di Palazzo”, ha rilasciato deleghe tutte disattese dai propri rappresentanti parlamentari. Si è cominciato con l’inganno del referendum monarchia-repubblica. I nostri padri, convinti di liberarsi per sempre di quel personaggio da favolette infantili, se l’è invece ritrovato moltiplicato in ogni pubblica istituzione (il re della sanità, il re dell’informazione, il re della finanza, il re della politica, nel senso di cariche a vita e per di più ereditarie). La monarchia non è mai stata abolita, perché mai è nata una vera res-pubblica. I nostri padri hanno dovuto accettare una costituzione lacunosa sin dai suoi primi articoli, elaborata da una sola parte dei cittadini e sotto la fresca influenza di una disastrosa guerra fratricida appena terminata. Infatti, essa elegge a Sovrano il Popolo, per poi immediatamente imporgli dei limiti, in pratica dichiarandolo interdetto da subito; fonda, questa res-pubblica mai nata, su qualcosa di evanescente, di restrittivo, il lavoro (perché non fondarla invece su individui reali e di valore univoco nei reciproci confronti: i lavoratori; nei momenti di crisi ridurre i turni di lavoro da 8 ore a 4, impiegandone il doppio, permettendo così a più persone almeno un minimo guadagno garantito); trasforma quella che è una vera delega a rappresentare il Sovrano-Popolo, in un atto illegittimo che il parlamentare utilizza a proprio uso e consumo (famigerato articolo 67), traendone i massimi illegali guadagni (unico soggetto nel nostro Paese a stabilirsi lo stipendio da solo, con vergognosi aumenti in vertiginosa progressione geometrica, senza alcun criterio di merito – in altra occasione vi racconterò dell’aneddoto di un presidente dell’acquedotto e del suo fognino - facendo pesare le periodiche crisi, causate dalla sua esclusiva incompetenza, soltanto sul Sovrano-Popolo), inventandosi privilegi negati ai comuni cittadini (fruizione gratuita di ogni utenza sociale, dalla più piccola supposta alle mense parlamentari; pensioni percepite dopo brevissimo bivacco nelle aule parlamentari e senza il minimo sforzo o merito; possibilità di morirci in quelle aule anche dopo anni di inattività sclerotica, quando ai comuni cittadini in piena salute fisica e mentale viene preclusa la possibilità di lavorare ancora, dopo i 65 anni). Moltissima sostanza della vecchia costituzione monarchica è stata iniettata nella pseudo costituzione repubblicana dai quei pochi individui che con dolo hanno pensato di avvantaggiarsene. Le suddivisioni fra destra e sinistra, le sottoframmentazioni operate via via negli anni sono servite soltanto a sminuzzare sempre più il Sovrano-Popolo che ingenuamente l’ha permesso, senza accorgersi che il Branco, invece, è divenuto nello stesso tempo più compatto nel perseguire i misfatti a danno dei cittadini. Siamo al dunque; non c’è più tempo per tentennamenti; i cittadini sono costretti alla fame, al fallimento e, peggio, al suicidio dai malefici mandanti parlamentari. Non aspettatevi che se ne vadano da soli. Dobbiamo cacciarli con la stessa violenza che da decenni esercitano sul Sovrano-Popolo. E’ arrivato il momento di togliersi i veli che offuscano la mente, per rendersi conto che le reali divisioni non sono quelle verticali, per anni indicate dai singoli partiti, covi di tutte le turpitudini nazionali. L’unica divisione razionale esistente è quella linea orizzontale che mette, l’uno di fronte all’altro, il Sovrano-Popolo di qua e il Branco famelico che finge di governarci di là. Quella linea su cui hanno costruito muri invalicabili dietro i quali, con l’appoggio di stampa e tv compiacenti per il falso consenso, servendosi degli Hop-frogs di regime per il falso diletto (di cui parlerò più minuziosamente in altro commento), fanno i loro loschi affari con le stille di sudore e sangue delle nostre quotidiane fatiche. Quanta strada hanno fatto i “Maggiordomi di Palazzo”; ma è ora che si rendano conto che il Sovrano-Popolo, ridotto in miseria, non può più mantenerli. Non può più permettersi tanta servitù e con quegli stipendi da usuraio che sempre da soli si stabiliscono (è dell’altro ieri l’ultima malefatta del Branco: mentre altri due cittadini erano costretti al suicidio, il consiglio della Regione Puglia deliberava di prorogarsi i già illeciti vitalizi). Sembra che questa sia la volta giusta per risvegliare e ricompattare il Sovrano-Popolo deluso, che ha visto di continuo cadere sempre le stelle in cui aveva riposto le proprie speranze di risorgere. Nel Movimento degli Stellati ha intravisto deposte tutte le proprie aspirazioni per una società finalmente repubblicana e democratica. Un cittadino governato vale sempre quanto un cittadino governante, che grazie al primo ha possibilità di esistere. Scuotiti, Sovrano-Popolo, al grido di “L’Etat où nous sommes”.

Edito a Bari il 19.4.2013

venerdì 5 aprile 2013

PARALLELISMI ITALOEUROPEI

A proposito di Branco, non c’è solo quello nostrano, ma in quasi tutta Europa s’aggirano famelici Branchi mutuati pari pari da quello italiano. Infatti dai tanti governi comunitari s’è levata l’accusa corale di Populismo contro il nuovo Movimento giovanile che in Italia ha sorpreso nelle ultime votazioni. Quello che si propongono di realizzare gli Stellati fa paura ai vecchi governanti, ma non alla gente comune che vuole liberarsi di ogni Branco per realizzare autentiche democrazie, dove Uno vale Uno. Dappertutto siamo stanchi degli stomachevoli privilegi che il Branco vuol continuare a detenere senza alcuna legalità, senza alcuna logica, senza alcun buon senso, ma con tutta l’insulsa arroganza del potere abusato. Questa è una delle tante lordure che l’Europa ha mutuato da una certa Storia d’Italia, che purtroppo continua criminalmente a fare scuola. Vi spiego più avanti i motivi per cui il Progetto Europa, così come lo propongono i capi Branco, è destinato a fallire. Intanto, si è partiti col piede sbagliato, pensando di imitare gli Stati Uniti, che sono tali proprio per l’amalgama di base che caratterizzava i primi pionieri e padri fondatori degli attuali statunitensi. La maggior parte di loro sfuggiva alle persecuzioni civili e religiose, alla disoccupazione, alle disuguaglianze medievali, soprattutto alla mancanza di libertà dell’Europa d’allora; quindi, spontaneamente e liberamente, tutti in possesso di univoca matrice sociale, rimboccandosi le maniche e privi di quell’inutile affettazione di comportamento aristocratico, sono riusciti a creare quello che oggi è lo Stato più democratico del mondo (un esempio dei tanti? vuoi o non vuoi, dopo due mandati si va tutti a casa). Col pensiero si è cercato di imitare gli Stati Uniti; in pratica l’Europa sta percorrendo l'identico destino storico di un'altra nazione, con un parallelismo pericoloso e pauroso viste le sue conseguenze. Oltre 60 anni fa, i cosiddetti “padri fondatori” dell’Europa, perfettamente in buona fede, ma privi di lungimiranza (se si pensa che sino a tutti gli anni ’90 del secolo scorso, gli stessi Paesi europei si son dati guerra l’un con l’altro), senza interpellarne i Popoli, hanno preso un mucchio di stati diversi tra loro per lingua, moneta, usi e costumi, tradizioni, forma mentale ed altro di più stridente, e ne hanno decretato l’unità il cui unico collante è l’odio reciproco. Quale altro paese diviso in tanti stati e staterelli vi ricorda, costretto da pochi all'unificazione e senza la volontà Popolare? Con l’attenuante che in questo paese almeno lingua, usi e forma mentis in pratica erano uniformi. E ritorno in Europa. In appena 10 anni il baricentro dell’economia è stato artificiosamente spostato nel Nordovest e soprattutto nel Nordest d’Europa. Quale altro paese vi ricorda, smembrato totalmente di tutte le sue strutture industriali al Sud per incrementare quelle del Nord? E dire che fino a 10 anni fa questo paese, col suo “Fabbricato in Casa”, era il primo al mondo. I tanti parallelismi che si potrebbero ancora fare non si fermano certo qui. Ci siete arrivati? Oggi Germania contrapposta a Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Cipro; ieri Piemonte contrapposto allo Stato della Chiesa e al Regno delle due Sicilie. Sono pericolosi parallelismi con la Storia dell’Italia preunitaria prima, unitaria dopo, e fallimentare oggigiorno, con unica caratteristica comune: benessere al Nord, povertà al Sud. Quando potrà durare ancora questa disuguaglianza, senza provocare reazioni violente? E vi è un’altra considerazione da tener presente. Veramente qualcuno pensa che vi possa essere verso l’Italia una maggiore attenzione da parte degli altri partners europei, riflettendo che alcuni di loro sin dal principio non hanno voluto condividere nemmeno l’unico mezzo concreto, l’euro, che potesse fare di un caleidoscopio di stati una nazione unica. A parte bassi sentimenti di rivalsa, nessuna agevolazione può da loro essere concessa verso il nostro Paese, nelle cui scuole si insegna, si impara e si inneggia ai 12 secoli d’oro della propria Storia patria, quando tutti i Popoli europei erano da esso invasi, violentati e schiavizzati. Illusi se pensiamo che se ne dimentichino; ne è prova evidente che, solo per disattenzione e dopo ben altri 14 secoli, hanno dovuto accettare la nostra unità. Fra 150 anni, con queste premesse, quello che è successo al sud italiano, succederà al sud europeo che in questa deprecabile evenienza, purtroppo, comprenderebbe tutta l’Italia. Solo allora i signori del Nord capiranno finalmente le ragioni del Sud. Solamente per scongiurare quest’ultima previsione, il prossimo parlamento deve rivedere immediatamente i nostri piani, e decidere se restare o uscire definitivamente dall’Europa. Avremo sempre dalla nostra parte quel dono di madre natura, il Made in Italy, che ci consentirà di essere sempre primi, per ogni nostro prodotto realizzato con la forza fisica e con quella della mente. Siamo e resteremo sempre il Paese dei Geni. Guardate quel che riescono a fare d’impossibile gli Italiani con molto meno di 1.000 euro al mese. 

Edito a Bari il 5.4.2013

mercoledì 3 aprile 2013

IL BRANCO

Guardare in tv i soliti politici che, simili a cagneschi danzatori infernali, si azzannano intorno al potere, qual è l’immagine più immediata che la mente associa a tale scena dantesca? No, non certo il termine utilizzato da due giornalisti che, proprio per non inimicarsi i padroni del quotidiano per cui lavorano, li hanno elevati a “Casta”. Vedere le immagini che ci scorrono sotto gli occhi in questi giorni di crisi drammatica, e notare che i soliti noti, infischiandosene del tutto dei problemi della gente, continuano a ringhiare per il proprio tornaconto, il termine più appropriato, che riporti simili incoscienti nella loro più infima e giusta dimensione, è “IL BRANCO”, né più né meno, con qualsiasi aggettivo lo si voglia condire. Questi pseudo signori, menefregandosene della sofferenza dei cittadini, soprattutto dei creditori di Stato che sono stati da loro consapevolmente spinti al suicidio, sono inadatti a guidare anche la più microscopica delle s.n.c., figurarsi guidare uno Stato moderno con tutte le esigenze dell’attualità. Sono queste le motivazioni che maggiormente, in caso di eventuali elezioni, spingeranno il Popolo a sommergere di voti i Ragazzi Stellati, sino a conquistare la maggioranza del Paese. Ma basta guardare, in tutta quella cagnara di “saggi” (come mai con tanti saggi da anni in circolazione, viste le loro candide capigliature, l’Italia si ritrova in situazione economica totalmente fallimentare), con quale fermezza, quale trasparenza di spirito si stanno comportando gli Stellati e, per essere completamente sincero, tanti altri giovani parlamentari che, nonostante i loro sguardi smarriti, manderebbero i loro capi (quelli, per intenderci, che per i prossimi cinque anni gli permetteranno di spingere a loro piacimento solamente un inutile pulsante) bellamente a … quel paese. Col piacevole, grandissimo e immediatamente visibile vantaggio che finalmente se ne libererebbe il Nostro per sempre. Comunque, anche a quel paese non li vorrebbero. Ma chi mai vorrebbe degli amministratori falliti. Non è un fallito chi, amministrando un qualsiasi Ente, causasse un buco grande quanto il disastroso debito pubblico italiano?  

Edito a Bari il 3.4.2013

lunedì 1 aprile 2013

PAPA FRANCESCO

Il tuo arrivo ci ha sorpresi. Il tuo saluto ha rianimato i nostri cuori, riscaldandoli. Le tue prime parole hanno riacceso la speranza nei Popoli. La speranza di vedere realizzati gli Ideali Cristiani che la Chiesa per prima ha da secoli accantonato per star dietro ad effimeri scopi materiali, costituendo un deleterio e pessimo esempio per tutti i politici. Ha dismesso l’umiltà delle sue origini per indossare l’arroganza dei potenti; ha dimenticato la povertà di Gesù per inseguire la ricchezza dei Mida; ha violentato la Fratellanza delle sue prime comunità per realizzare l’egoistica partigianeria dei popoli; ha rinnegato il buono per il cattivo. Il tuo arrivo ci appare ora come immagine di riscossa. La tua opera iniziale deve tendere ad abbattere le oscure barriere dietro cui per secoli la Chiesa Nera si è trincerata a nascondere i suoi misfatti. Tantissime sono le vittime di quella chiesa che, urlando, ancora invocano Giustizia. Invece che ricevere condanne eterne, molti autori di quei misfatti, clericali e laici, sono stati innalzati agli onori degli altari, inculcando nelle menti dei politici l’idea che il crimine paga. Fa’ della tua Chiesa l’immagine cristallina che più s’avvicini a quella di Cristo, abrogando a esseri disumani titoli immeritati, spodestando papi degeneri, revocando la santità ad autentici assassini. Per rendere veramente sacre le liste della Chiesa Redenta, comincia a depennare il nome di uno dei padri della Chiesa Nera, quel Cirillo I che, con le persecuzioni contro chi non abbracciava il suo cristianesimo, è stato artefice e carnefice di un vero genocidio. Moltissimi sono i nomi da cancellare per le loro turpi azioni: fra le migliaia da epurare i Torquemada, i Borgia, i Bellarmino, i Medici. Solo così concederai Giustizia ai tanti Galileo e Bruno che ancora l’attendono, e non semplicemente accettando dopo secoli l’esattezza delle loro teorie che erano vere sin dall’origine del Creato. Ultima preghiera che i Cristiani chiedono è la sostituzione di emblemi, stemmi, simboli lugubri che inneggiano alla morte e non alla vita eterna, agognata meta di ogni credente. Prima fra tutte, la sostituzione in ogni luogo laico dell’effige del Crocifisso, immagine immutabile di morte, con quella del Cristo Risorto, il solo simbolo che evochi con immediatezza la vera essenza, la diversità unica del Cristianesimo, Ideale di Vita e non di morte: l’autentica Resurrezione dei puri d’animo. Ti seguiremo ovunque con la Preghiera, come tu ci hai chiesto, Papa Francesco, perché crediamo fermamente che tu sia la Resurrezione dei Popoli, così come crediamo nel nostro Signore.

Edito a Bari il 1.4.2013