martedì 1 marzo 2016

A FRANCO BUCCI, MIO COGNATO

Il termine “cognato”, Franco caro, nel suo più comune concetto fa subito pensare ad un freddo e distaccato legame fra estranei che il destino converge in una stessa famiglia. Invece, l’accezione latina di “cognatus”, antica lingua italica, trasforma tale senso elevandolo nel più intimo significato di “consanguineo”. E proprio in tal modo, sin dal principio, ho percepito immediato il legame che ci ha uniti quasi 45 anni fa, e continuerà ad unirci per aver avuto la buona sorte di aver sposato le due infaticabili e solari sorelle Lanzilotti. Tu sei stato all’istante per me quel fratello maggiore che non avevo. Nella nostra vita hai rappresentato un continuo esempio di persona moralmente elevata. Del tuo buonismo qualcuno ne ha approfittato procurandoti danni professionali. Ma il tuo animo nobile non ha mai tentato rivalse , o peggio vendette, contro chi ha invece approfittato della tua predisposizione naturale alla fiducia. Nonostante la tua esemplare condotta di vita, alla fine hai dovuto sopportare sofferenze oltre ogni limite. Ed è proprio su questo aspetto che negli ultimi tempi mi sono spesso chiesto “Signore, perché proprio a lui?” Ma la fede nell’imperscrutabile Giudizio Divino mi fa concludere che le anime elette son messe alla prova proprio attraverso le sofferenze terrene, per poter giungere nel massimo splendore al Cielo più alto. Il tuo cammino terreno è impresso indelebile dall’impronta degli autentici tesori che hai lasciato dietro di te. La tua amata Rosetta. Cristian e Serena, i figli che con tanto amore avete desiderato e con altrettanto amore vi hanno ricambiati. E i nipoti a te tanto cari, il dolce Alessandro che ha patito giorno per giorno le tue sofferenze con l’assidua sua presenza, Sasha e Giorgia che, nonostante la distanza, tanto vicini al cuore del loro diletto nonno sono sempre stati. Definire grande il vuoto che lasci in tutti noi parenti, sarà sempre sminuire quello che realmente la tua presenza ha rappresentato nelle nostre vite. Manchi già tanto a tutti. I ricordi si affollano; qualche brandello che allego a queste mie parole confermano l’importanza della tua persona anche per amici e conoscenti. Indimenticabile il tempo passato tra Carovigno, Colacurto e Santa Sabina. So per certo che nella contrada in cui hai condensato un piccolo Eden, racchiuso intorno al tuo trullo, vi sono stati marchesi e baroni; ma il solo re di Colacurto sei stato tu, che con la sola prestanza davi sicurezza a tanti. Ti rivedrò sempre nella tua veste più sontuosa, l’esotico caffettano nero con ricami dorati. Colacurto, ora non sarà più la stessa. Immagino la gioia di quelli che ti hanno preceduto, quando ti han visto arrivare, pronti a guidarti nel nuovo Mondo … Di contro la nostra disperazione nel vederti partire. Il 27 sera eravamo già sulla porta per andar via, quando ci hai fermati per trascorrere gli ultimi attimi insieme … Hai voluto regalarmi, per la prima volta in vita mia, la sublime esperienza di un’anima che vola dal Signore … Il giorno dopo in Chiesa eravamo in tanti a pregare per te, ad innalzare al Signore i tuoi grandi meriti … Se può consolarti, considerato il fine incontrovertibile che la parabola terrena riserva ad ogni mortale, posso dirti che, fra non molto, l’imperscrutabile mano del fato sceglierà qualcuno di noi, che abbia le tue giuste virtù, per fargli, tu questa volta, da guida celeste … Domenica sera, nel chiuso delle nostre case, si riandava con la mente a quel luogo solingo dove ti avevamo lasciato al tramonto; ma sono certo che i pensieri di tutti noi, convergendo verso quel sito, solo in apparenza solitario, ti tenevano compagnia, riscaldandoti col calore del cuore. Ciao Franco.


Edito  a  Bari il 1.3.2016