sabato 27 luglio 2013

OBAMA AIUTACI A LIBERARCI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Signor presidente Obama, l’ennesima strage di innocenti appena perpetrata nel suo paese rianima le speranze affinché il nostro sogno si avveri al più presto. La preghiamo, continui così; faccia finta di essere addolorato; finga di volere a tutti i costi una legge per l’abolizione delle armi, anzi per la chiusura di tutte le fabbriche di armi lasciando andare, al contrario, le cose come sinora sono andate. Non solo i fabbricanti di morte, ma anche il resto del mondo pacifico e civile le sarà grato, perché potrà conquistarsi senza violenza alcuna un territorio grande, produttivo e bello come sono gli Stati Uniti, quando gli ultimi due yankee si saranno eliminati a vicenda. La barbarie di un popolo che si autodistrugge ha sempre premiato i vicini. E’ necessario che qualcuno ve lo dica: continuate a restare legati alle arcaiche leggi del vostro vecchio west, certi che anche il più debole debba avere la possibilità di difendersi, senz’accorgervi che tale sistema è nient’altro che autolesionistico, utile soltanto a rimpinguare i già pingui porci armieri. Signor presidente Obama, ci aiuti.

Edito a Bari il 27.7.2013

domenica 14 luglio 2013

LAVORATORI UTILI E LAVORATORI INUTILI
(a proposito di stipendi d'oro e vergognosi privilegi)

 
E’ nel bar aziendale dell’Ente Italiano Acqua e Fogna (EIAF) che più d’un mese fa è cominciata quella disputa, sfociata poi nell’attuale situazione di disagio per l’intera città. Colino il fognino, sindacalista, si lagnava con i colleghi per la vergognosa differenza di stipendio fra operai e dirigenti. “E dire che l’Eiaf sta in piedi grazie al nostro di lavoro, e non a quello degli strizza scartoffie”, concluse Colino. Ma le parole appena dette erano state colte da uno dei 32 alti dirigenti che proprio in quel momento stava entrando nel bar. In meno di dieci minuti Colino fu convocato dal presidente, all’ultimo piano della storica sede dell’ente. Le reciproche rivendicazioni sulla maggiore e minore utilità dei rispettivi ruoli dette inizio allo sciopero alternato delle due categorie, dirigenti e operai, con cui si sarebbe dimostrato quale fosse il lavoro più utile. Cominciarono per primi i dirigenti, dicendosi certi che pochissimi giorni senza il loro contributo avrebbe messo in ginocchio l’Eiaf e tutta la sua manovalanza. Ma non bastò una settimana per piegare gli operai che, con la collaborazione dei più specializzati, riuscivano ad interpretare progetti, eseguire nuove reti e provvedere alla manutenzione delle vecchie in perfetta sincronia, e armonia soprattutto; insomma, il lavoro procedeva in maniera forse anche più celere, avendo abolito completamente ogni maleodorante fronzolo burocratico; utilizzato, invece, a profusione dai dirigenti per dare una parvenza di indispensabilità al proprio ruolo, altrimenti inutile. Prima che la loro inutilità divenisse evidente anche al più distratto dei cittadini, immediatamente i dirigenti sospesero l’astensione dal lavoro, permettendo agli operai di cominciare a loro volta lo sciopero. Furono sufficienti appena poche ore di braccia incrociate quando, per mancanza di manutenzione della rete fognante, un puzzo insopportabile si diffuse per tutto il primo piano. A metà giornata i reflui prodotti dall’alta dirigenza avevano raggiunto il soffitto del piano. Man mano che i liquami salivano di livello, i dirigenti si spostavano ai piani superiori. Pare che questa sia la ragione inconscia che da sempre spinga i papaveri più alti a sistemarsi a piramide, con la gerarchia massima agli ultimi piani e via via tutti gli altri a scendere nei piani più bassi, contribuendo a creare già fra loro incomprensibili motivi di differenze sociali. Al terzo giorno, quando tutti i dirigenti s’erano accatastati all’ultimo piano del palazzo dell’Eiaf, circondati e assediati dai contenuti dei loro giornalieri bisogni corporali, ad evitare che il principio di fisica elementare noto come caduta dei gravi avesse i suoi effetti, facendo rientrare quelle stesse quotidiane necessità dall’alto degli orifizi urlanti, e poi sentirle per gravità ricadere in basso, in un moto rotatorio senza fine, si arresero, ammettendo la loro inutilità con la rinuncia alle vomitevoli retribuzioni autostabilitesi e conseguente esproprio espiativo.
Logico risultato della vertenza fu l’immediato accordo economico raggiunto fra le parti, con il quale si stabilì che mai più la retribuzione del livello più basso della classe operaia sarebbe stata inferiore ad un terzo della retribuzione massima erogata dall’ente. Tutti i lavori concorrono in egual misura e dignità a rendere una società sempre più civile e giusta.

Edito a Bari il 14.7.2013

domenica 7 luglio 2013

 FINE MILLENNIO O FINE D'UN MITO
Fra i miti ve ne sono tanti che cadono come le stelle spente. Pochi quelli che brillano in eterno. Ma uno di cui mai mi sarei aspettato la parabola discendente è il, per me ancora caro, professor Antonino Zichichi. Alcuni giorni fa m’è capitato fra le mani un suo libro, “L’IRRESISTIBILE FASCINO DEL TEMPO” (edizione Mondolibri spa Milano stampato nel febbraio 2001),  di cui un amico ho pensato me ne facesse dono; solo dopo averlo letto ho invece capito che se n’era liberato. Un libro di 266 pagine, in cui per ben 217 pagine l’autore (all’epoca “settantino”, detto alla siciliana) s’incaponisce, con la forza più che con la ragione, a voler dimostrare che il terzo millennio è iniziato il primo gennaio 2000; salvo poi a contraddirsi palesemente nello specchietto di pagina 216 da lui compilato, in cui non s’accorge che, trasformando in termini “matematici” la data di lunedì 1.1.2001 con il numero 2001,0027379, sbaglia perché, sempre con la sua stessa formula matematica (0,0027379=1/365 pari a un giorno come da lui calcolato), con quel numero sta indicando che in realtà dell’era cristiana sono trascorse 2001 parti intere (anni) e una frazione dell’anno successivo, in pratica sta indicando la data dell’1.1.2002; mentre avrebbe dovuto scrivere il numero riportato più in basso 2000,0027379, cioè 2000 anni interi (al 31.12.2000) che chiudono i primi due millenni e una frazione del nuovo anno (primo giorno del 2001) che apre il terzo millennio, in sintesi la data di lunedì 1.1.2001: che per una perfetta combinazione immanente si presenta come primo giorno del 3° millennio, primo giorno del 21° secolo, primo giorno dell’anno, primo giorno del mese, primo giorno della settimana.
Avviandosi sul cammino della civiltà, ad un certo punto l’uomo ha sentito la necessità di dare un ordine al trascorrere del tempo. E man mano, in tutto l’occidente e in gran parte del mondo restante, è andato affermandosi il sistema convenzionale data/orario gregoriano, perfezionato dagli ultimi risultati tecnologici, che tutti ormai riconosciamo come il sistema più valido ad ammortizzare in maniera quanto più precisa possibile la sincronizzazione fra equinozi. Ma tralasciando tutta la teoria tecnico-scientifica sull’argomento “tempo”, e considerando l’uso pratico che anche il semplice villano deve farne giornalmente, cercherò di spiegare le incongruenze riscontrate nella citata opera del caro professor Zichichi.
Inizio con l’esporre il duplice significato che per ogni uomo hanno quelle cifre che quotidianamente si scrivono o si leggono per indicare una data: oggi 7 luglio 2013 vuol dire che dell’anno 2013 dell’era cristiana ne stiamo trascorrendo il settimo giorno del settimo mese; cioè, perché sia trascorso completamente il 2013, dobbiamo attendere la mezzanotte fra il 31 dicembre e l’1 gennaio prossimi; ovvero, dalla nascita di Cristo sono trascorsi esattamente 2012 anni, 6 mesi e 7 giorni, tralasciando le ore. In termini più esatti e riconosciuti anche dalla Chiesa e dai Custodi del Tempo di Londra, il 3° Millennio è cominciato allo scoccare della mezzanotte fra il 31 dicembre 2000 e l’1 gennaio 2001.
Il primo concetto da tener presente ogni volta che anche quel villano effettua una conta è naturalmente matematico, anzi per essere ancora più semplici, è aritmetico. Alla base della nostra cultura, a noi occidentali sin dalle classi più elementari è stato posto, fra i tanti, un plinto che si radica nel sistema decimale. Pertanto il semplice villano ha la certezza che, a parte l’unità, le decine, le centinaia (secoli), le migliaia (millenni), eccetera, terminano esclusivamente con zero.
Completamente estemporanea l'invenzione dell’anno zero introdotta da Zichichi. In un ipotetico arrivo anteporre lo 0 al 1° è un assurdo logico; come dire che il primo è stato preceduto dallo “zeresimo”. In altri termini che il primo è stato preceduto da nessun altro della stessa specie e che, pertanto, lo 0 rappresenta nient’altro che nessuno, il nulla, l’inconsistenza, la statica perfetta; in geometria il punto, di partenza o d’arrivo, che non ha dimensione. Nel calcolo delle distanze, lo rappresentiamo come linea spartiacque fra l’immobilità assoluta e il movimento: solo spostandoci da quella linea s’abbandona lo zero per passare a valori reali, positivi o negativi, percepibili ad occhio nudo come il millimetro, centimetro ed oltre. Nel calcolo del tempo, lo rappresentiamo come linea spartiacque fra l’immobilità assoluta e il movimento: finché non si pigia il pulsante d’un cronometro, ipotetico o reale che sia, tutto è fermo, continua a persistere quello zero senza alcun valore; appena premuto quel pulsante il nulla, il vuoto, l’immobilità scompaiono per dare inizio a valori reali come il picosecondo e il nanosecondo (misurabili solo con apparecchi atomici, quindi, del tutto inutili per il comune mortale che non riesce ad averne la percezione mentale), il millesimo e centesimo di secondo (misurabili con semplici apparecchi manuali, perciò utili tutt’al più per manifestazioni sportive). Ma quando gli esseri umani si chiedono la data o l’ora, contano soltanto il giorno, il mese, l’anno e, tutt’al più per esattezza, l’ora e il minuto. Che senso ha aggiungere alla lettura i secondi quando, leggendo quello del momento, non si ha manco il tempo di dirlo che siamo già a quelli successivi. Pertanto introdurre un fantomatico anno zero è un assurdo matematico, se il trascorrere di un periodo di dodici mesi lo nominiamo zero. Certo, ad ogni anno si può dare il nome che si vuole; vi sono calendari orientali in cui si susseguono nomi di animali: l’anno dell’asino, ad esempio. Ma nel nostro conteggiare il tempo, il nome di ogni anno corrisponde ad un numero. Pur nominando con l’inesistente anno zero i primi dodici mesi dell’era cristiana, avremmo una situazione simile: al predetto anno zero dei zichichini corrisponde, per noi precisi, l’anno uno, e di seguito, all’anno 1 loro il 2 nostro; così continuando, saremmo giunti in perfetto sincronismo, loro al 31 dicembre 1999 (con l’anno zero sommano 2000 anni, per l’appunto), e noi al 31 dicembre 2000; e comunque, mettendoli in parallelo, avremmo dovuto festeggiare, come dimostrato, contemporaneamente l’inizio del terzo millennio. Incongruenza che lo stesso Zichichi mette inavvertitamente in grande evidenza a pagina 107 (“Dall’anno 8 a.C. all’anno 8 d.C. c’erano sedici anni …”; introducendo l’anno zero come da lui sostenuto, avrebbe dovuto dire “... all’anno 7 d.C. c’erano sedici anni …”) e a pagina 116, nella quale evidenzia lo zero proprio al centro dei periodi a.C e d.C., senza dargli, dunque, spessore alcuno; una semplice linea di demarcazione senza alcun valore.
Ovviamente nel discorso pratico del trascorrere del tempo, nulla ho da eccepire su quanto affermato relativamente a temi specifici non alla mia portata, come orologi atomici, asse terrestre e simili; temi che esulano da quella praticità quotidiana del semplice villano; di contro ho anche tralasciato amenità del tipo bullone-automobile e molecole fruttarole varie contenute nel VII capitolo, un vero inno alla contraddizione e incongruenza, ottenendo l’unico risultato di confermare nero su bianco il contrario delle sue convinzioni sull'inizio del terzo millennio.
Sono certo che per le tante incongruenze appena elencate il caro professor Zichichi si sia giocato il Nobel; e, se non si tratta di un refuso, quando riscontro a pagina 215 che movimento orbitale e movimento di circonvoluzione della Terra sono movimenti opposti, uno antiorario e l’altro orario, comincio a temere molto anche per la sua laurea.
 
Edito a Bari il 7.7.2013