sabato 28 gennaio 2023

MIO NONNO VITO

 Mentre mio nonno Vito (nato nel 1884 in via Venezia 17 e morto nel 1977) era impegnato al fronte nella Grande Guerra, mia nonna Elvira Traversa del 1883 (morta a ottobre del 1918 di spagnola) si disimpegnava a casa con i suoi quattro figli (nella foto manca Nicola del 1911 morto a 5 anni cadendo dai gradini di casa in via Giandomenico Petroni pochi mesi prima di questo scatto), tutti nati in via Venezia 21, zia Celestina nel 1906 (morta di tifo a Roncadelle a 20 anni), mio padre Francesco nel 1910 e morto nel 64, zia Tina nel 1914 morta nel 2001, che poi sposò Onofrio Vox, e zia Sandra nel 1915 morta nel 69, che sposò Peppino Vox. La foto è del 1916.

Robert Dinapoli, sì, mio nonno tornò incolume dalla Grande Guerra, visto che ci ha poi lasciati nel 77, lo stesso giorno della morte di Benedetto Petrone; erano in due stanzette attigue dell'obitorio del Policlinico. Di Benedetto sappiamo come; mio nonno invece si spense dopo una settimana di coma a seguito di caduta dalla comune scaletta da cucina a tre gradini per nascondere la bottiglia del vino alla sua terza moglie. Ha visto morire tutti i suoi figli, meno la penultima di nonna Elvira, zia Tina, il figlio avuto dalla seconda moglie milanese, zio Nando, e uno dei due figli, zio Vitino, avuti dalla terza, Isa, bresciana; è sopravissuto a mio padre per ben 13 anni. Mia nonna era barese come lui, le altre due le ha conosciute durante la Grande Guerra. A leggere le sue memorie, viene spontanea la domanda come abbia fatto a cavarsela. Aveva 93 anni portati benissimo, così lucido che poi mi ha lasciato il suo manoscritto di memorie da 300 pagine, che io ho in bella mostra nello studio, chiamandolo "Il Librone". Ecco la prima pagina. Tieni presente, Roberto, che aveva la terza elementare, e gli strafalcioni sono comprensibili ❤👍❤...

venerdì 27 gennaio 2023

MEMORIE JAPIGIANE

 A Japigia ci sono arrivato nel marzo 54 e il viale era a doppio senso perché, oltre i carri trainati da cavalli e qualche sporadica auto d'epoca, non vi erano molti veicoli. La stessa via Peucetia non esisteva, e il bus 2 istituito da poco era costretto a percorrere il viale nei due sensi per l'andata al capolinea in stazione e il ritorno al capolinea nello slargo della Quarta Traversa ad angolo col viale, proprio vicino le colonne col box del calzolaio sotto, oggi via Magna Grecia. Poi con lo sviluppo di massa delle auto non è stato più possibile circolare sul viale a doppio senso, come mostra la foto. I distributori sul viale erano 5. Al Mobil della foto si aggiunse a pochi metri uno dell'Agip, e andando verso sud, c'era quello di fronte al bar Messapia, ultimo a essere smantellato, nell'isolato dopo c'era quello di Bellini quasi davanti all'edicola di Ciccio e Marco Triggiani, e infine quello nello spiazzo del citato capolinea del 2. Il grande distributore Agip, tuttora sul viale ad angolo con via Medaglie d'oro, venne realizzato anni dopo, quando i Matarrese costruirono i loro palazzi in quell'angolo. Vanno ricordate anche altre attività. Il bar Japigia del papà dei fratelli De Giglio, che aveva anche una rivendita di tabacchi su corso Sonnino di fronte a via Matteotti; il signor De Giglio ci aiutò tanto nell'acquisto dei terreni di proprietà Iacobellis di fronte all'Intergarage, dove realizzammo le nostre prime abitazioni in cooperativa nel 75. Il panificio Japigia di Nicola Caricola di fronte all'edificio rosso della SGPE, e il panificio Mio quasi attaccato al vecchio passaggio a livello che dava su via Rovereto, poi via Di Vagno. Il mercato scoperto di via Pitagora iniziò l'attività quasi un anno dopo la nostra venuta a Japigia. E non posso dimenticare l'Arena Japigia quasi di fronte al mercato, dove in tante sere d'estate ne abbiamo fatto di risate con i film di Totò, invidiando Minguccino che abitava al 32, il palazzo attaccato all'Arena, dal cui terrazzo si vedevano i film gratis; il momento più brutto delle visioni era il fischio lontano del treno che si avvicinava disturbando l'ascolto, e la "iosa" in coro di noi ragazzini per protestare. C'era anche un altro momento in cui facevamo la iosa, facendo scappare dal cinema il tizio che molestava  i ragazzini al grido "auand u..." (oggi non si può dire su FB, ma per strada e al cinema sì). E infine ho avuto il privilegio di inaugurare insieme a tanti compagni il 1º ottobre 1956 l'Amedeo D'Aosta, la mia scuola media, frequentando la 1ª F. Beh, mo' avast. Alla prossma pundat (tratto dal gruppo LE MITICHE QUATTRO TRAVERSE DI JAPIGIA, la foto è del 56) ❤👍❤...

PER NUNZIA

 Massimiliano Ranieri, nel 63 conobbi zio Marcello; lavoravamo in via Abate Gimma in due negozi diversi a un isolato distanti, da Marconi io e dalla Kleber tuo zio, se ricordo bene. Avevo 19 anni. L'amicizia fra Marcello, mio fratello Lillino e me divenne più stretta. E un giorno mi portò a casa di tua nonna, quel palazzo sul viale Japigia, se non sbaglio al n. 32, ed è lì che ho conosciuto per la prima volta la vostra mamma, la cara Nunzia...

CONVIVIO 5ª C GEOM

 Sempre più piacevoli i convivi con i compagni di 5ª C geom del Pitagora 71 Bari, ieri sera riuniti allo Squarciolla di Torre a Mare. Cena gustosa ma scarsa, servizio ottimo, portate saporite al punto giusto; unico grave difetto il sale. Il di più è stato profuso a sacchi nella coda. Conto salatissimo dunque, nel rapporto qualità, buona, quantità, scarsissima, e prezzo, altissimo. Recensione: SQUARCIOLLA, UN RISTORANTE A TORRE A MARE, DA EVITARE AD OGNI COSTO 🤔👹🥶...

sabato 14 gennaio 2023

A MIO FRATELLO TONINO

 OGGI 14 GENNAIO IN RICORDO DI MIO FRATELLO TONINO ...


VIAGGIO A BOLOGNA CON I MIEI FRATELLI TONINO E ANGELO

Oggi son quattro anni che mio fratello Tonino non è più con noi. Fra i tanti ricordi di una vita ce n’è uno incancellabile.

 Eravamo appena usciti dall’autostrada io,  Tonino e Angelo, quando in un grande rondò con infinite diramazioni vedemmo ferma sulla destra un’auto che sprigionava fiamme dal cofano anteriore, dove un probabile corto aveva innescato un incendio nel vano motore. Le fiamme non erano alte, ma il fumo intenso preoccupava. Tanto che nessuno dei presenti si avvicinava per paura di rimanerne coinvolto. Tanti altri nelle proprie auto rallentavano giusto il tempo di ficcarci il naso, e poi proseguire la corsa indifferenti. Quando, Tonino per primo, capimmo dalla mimica degli attoniti astanti che in auto vi era qualcuno. Vedemmo il nostro gigante buono bloccare l’auto, schizzare fuori, rovistare con movimenti rapidi ma calmi nel cofano posteriore e, armato di estintore, fendere la folla attorno all’auto in panne ma a distanza di sicurezza. Senza pensarci due volte, si portò davanti al cofano in fiamme e spruzzò a piè fermo tutto il contenuto schiumoso in modo da indirizzare il forte getto alla base della colonna di fumo, facendola deviare in direzione opposta alla posizione del guidatore all’interno, che a occhi sbarrati per il panico vedeva tutto senza reagire d’un battito di ciglia. Tonino riuscì a spegnere le fiamme. Subito in tanti ci affaccendammo ad aprire la portiera, scoprendo solo allora che alla guida c’era una signora, che aiutammo a scendere ancora con gli occhi sbarrati.

- Signora, ringrazi quell’uomo che è riuscito a spegnare le fiamme.

- Bravo, giovanotto. Ha compiuto un atto di coraggio puro.

- Meno male che lei aveva l’estintore in auto.

Furono i commenti.

E nella gran confusione, vedemmo il nostro Tonino farci segno di raggiungerlo in macchina, dove aveva già deposto l’estintore scarico.

- Fusc, mttidv jind alla maghn. S no mò arrivn l cagacazz ca voln nom, cognom e tutt la razza lor.

- Tonì, ci iè sta fodd. Tin p ccas l’asscuraziona scadut? Vid d sci chian chiuttost.

E appena entrati, manco seduti, partì a razzo facendoci sobbalzare. Facemmo appena in tempo a sentire dal finestrino aperto la domanda che stavano rivolgendo i vigili appena arrivati.

- Chi è il signore che ha spento le fiamme?

Ma non sentimmo più niente. Eravamo già lontanissimi. Eravamo partiti da Bari alle quattro di notte per viaggiare con meno traffico. Tonino aveva voluto prendere la sua Renault 30 per permettermi, io più anziano, di fare qualche ora di sonno in più sull’ampio sedile posteriore, mentre lui guidava discorrendo con Angelo al suo fianco. Avevo invitato i miei fratelli ad accompagnarmi e trascorrere con me una settimana alla Fiera dell’Edilizia di Bologna dell’ottobre 1981. A parte l’episodio appena narrato, fu una settimana che non trascorrevo con loro in modo così piacevole sin dai tempi in cui si viveva tutti assieme a casa dei miei, io fratello maggiore, Tonino il quarto dei miei fratelli, e Angelo il più piccolo. Di quel viaggio ricordo nitidamente un altro episodio poco piacevole accaduto al ritorno a Ortona a Mare, dove ci fermammo a pranzo presso un ottimo ristorante sul mare. Ma questo voglio raccontarvelo in vernacolo barese …


ORTON A MMAR, QUANN FUMM SCANGIAT P GIARGIANIS

Lassamm u’albergh d Bologn all’ott d matin. Ngi’avemm alzat cchiù ttard prcè la ser apprim, l’uldma dì d la Fir, dop la chiusur, scemm a mangià da Gin, la solta Trattorì sott nu lengh porticat a iarch, addò jì scev a mangià ogni iann da quann m prtò la prima vold o millnovcindsettandatrè Lilli Macchij, u patrun addò jì fadgav a Bbar. Po’ u millnovcindsettandase’ m mttibb p cund mì e condinuabb a sci alla Fir d Bologn ogni iann. La matin ca partemm da Bologn p vnì a Bbar acchiamm nu sol ca iev nu prisc. Appen trasut sop all’autostrad, ng frmamm all’autogrill p nu cafè. La colazion l’avemm giè fatt o u’albergh. Tonin guidav ca iev nu piacer. Addò s ptev s flav quas a ducind all’or, ma non z s’ndev mangh nu fil d vind. Ngi'affrmamm arret sott ad Angon, ma cchiù p sgranghirg l gamm ca pu cafè. Dop Pescar la fam s facì s’ndì.

- Tonì, appen vit la scritt Orton, jiss ca sciam a mmangià a nu bell ristorand sop a mmar. So stat n’anda vold e s mang alla grann. Probrij accom all ristorand atturn o Purt a Bbar.

- Si scur, Vitì. Non n’è ca po’ ng ven u scitt.

- Chiamì, Tonì, appen arrvabb l’alda vold mangh jì sapev accom iev la chccin d cuss ristorand. Ma accom vdibb tanda cammion, m’affrmabb scur. Addò stonn camionist, statt tranguill, che s mang accom m’paradis.

Assemm a Ortona e all’un e mmenz stavam assdut tutt’e tre a nu tauw a quatt, cu mar drmbett. U ristorand stev appen appen sollevat dalla strata prngpal, e la vist ca s vdev facev aprì d cchiù u stommch. Ordnamm tutt do menù ca ng prtò u cammarir, sgnann ogni piatt cu disct. E senza cchiù aprì vocch, ng facemm appdun n’andipast d crud d mar, fettuccin all frutt d mar, nu bell dendc in umd ch l’auuì, frutt e mmir gnor, cudd biangh no mm’ha ma’ piaciut, pur sop o pesc. E prim du dolg e u cafè, rpgghiamm a parlà. Quann s sta a venda chien, l carvun sott a la cenr s’appiccn arret, sobrattutt c sop ngi’ammin nu picch d cudd bbun e gnor, probrij accom a ccudd che avemm bvut nu’, e subbt tanda fatt vicchij d famigghij sbttrrorn daffor.

- Sì, Vitin, però tu t sta scurd d chedda vold ca p cinguandamla lir t cacast la facc a discm d no.

- Tonì, angor ch stu fatt ve’ nnanz. Accom tu ià rchrdà che iev sabbt, l bbangh stevn achius e tnev appen descmla lir p fa la spes. T dcibb vin a ccas ca m l fazz da’ da mgghierm. E tu non d facist vdè cchiù cudd pomerigg. Ma uè mett tutt ciò che so fatt jì p vu’ dop la mort d Babb. V so fatt d’attan a tutt. A tutt v so acchiat fatich. Che cazz’ald vliv.

- Oh, ma stadv citt tutt’e du’, che v sit semb approfittat d me ca iev u chiù pccnunn.

- E cudd’ald ca sim lassat a Bbar che ha pgghiat l distanz p pavur angor ngi'aijtav. Non zim parlann po’ d chedd, ca ngià ddat da grattarg la cap a tutt.

- Povra Mamm, quanda uà ng sim fatt passà. Angor iosc ng ven u prisc quann stam tutt nzim a iedd, ch mgghijr e nput.

E na parol tira l’ald, l vosc s ievn caldssciut e cchiù che parlà, senz’avvrtirg, ngi’acchiamm a grdà.

- Ma tu che cazz t crid d’ess dvndat.

- Famm u piacer d start citt.

- Ma frnidl ca facit chiang l gattud.

E mendr tutt stu gbller scev nnanz, vdibb Angelo cangià facc, faccennc nzgnal d chiamndarg dret. Ci avev arrmanut ch la ch’cchiar alzat, ci ch la frcina mmocch, ci a vocch apert e ci ch l’ecchij spalangat. All’ald tauw nsciun cchiù stev a mangià. Tutt che stevn a chiamndà un tiadr che avemm fatt. Ngi’alzamm citt citt, mangh cchiù dolg e cafè pgghiamm. Pagabb u cund e p scarcà la fattur, o patrun du ristorand ng dibb u bgliett da vist cu codc fscal.

- Ah, siete di Bari. E noi che ci siamo mangiati il cervello per capire di quale stato arabo eravate!

Appen assut ng mttemm jind alla magghn e ng n scemm. Chmnzamm a rit chian chian, e po’ sc-cattam dall rsat, sin a cchiang.

- Sit s’ndut. Ngi’avevn pgghiat p giargianis e no p baris.

- Megghij acchsì. Almen non hann capit tutt l chillemmurt che sim ditt…