domenica 23 novembre 2008

L’UMANA TRAGEDIA
(parte prima)

PROLOGO
La tragedia
Son quasi alla fine del lungo cammino, poco prima dell’ultimo tratto; mi soffermo spesso e volutamente, ora, a considerare quel che ne ho fatto della mia vita. Di ciò che diventeranno le mie membra ne ho certezza. Dubbio assoluto mi pervade su quel che ne sarà del mio Spirito al termine del tratto finale.

La Luce iniziale Che Gli ha dato vita e L’ha sorretto per tutta l’infanzia è ormai spenta. Quale sorte L’aspetta per aver così a lungo abbandonato la Verità? Prima di renderLo, dunque, voglio girovagare in me alla Sua ricerca; ritrovarLo per restituirLo, certamente non immacolato ma almeno ripulito, a Colui che l’ha creato.

Nel ribollire di pensieri, è quello che più degli altri emerge anche in questa stupenda mattinata settembrina del nome Santo di Maria, nell’anno duemila dal Nostro Cristo Gesù. Sto tornando a Bari e un mezzo più grande del mio mi sbalza dalla strada; mani premurose mi estraggono ferito dalle lamiere sanguinanti.

L’ambulanza scatta lacerando l’aria, il mio Spirito si stacca dal suo corpo. Sono morto alle otto di questo meraviglioso mattino di settembre. Ormai svincolato dalla materia corporea, soavemente leggero come non mai, Egli comincia a librarsi sul mondo, oltre il mondo, involandosi nella Sua naturale Dimensione.
Il Miracolo
Persa ogni terrena forza, composto del solo mio Spirito, continuo il viaggio per Divina Attrazione. Dopo aver attraversato nubi e mondi conosciuti, aver oltrepassato l’infinito, resto all’improvviso immobile, incerto. Dove sono? E’ questo il luogo giusto per mondarmi dalle residue scorie terrene? Odo voci inconfondibili.

Colgo la voce paterna della giovinezza - “Ragazzo, sei più grande di tuo padre”.1 -, e la voce materna dell’età matura - “Tino di mamma tua, vieni, abbracciami”. - Vedo i miei venirmi incontro condotti per mano da Nico,2 dei tre il più esperto della Nuova Dimensione. Biondo, occhi azzurri, ha conservato l’aspetto migliore avuto sulla Terra.
1 Nel 2000, quando si rivedono, Tino aveva 56 anni, mentre suo padre, morto nel 1964, ne aveva 54.
2 Nico, fratello di Tino, morto nel 1953, all’età di 15 mesi.

Mio padre capì subito dall’espressione del mio viso cosa volessi sapere. “Vedi, Tino, appena giunti in questo luogo, chi non si è macchiato di grandi peccati, acquista l’aspetto migliore che si sia avuto in Terra. I più malvagi quello peggiore. Gli irrecuperabili, invece, si trasformano in quei mostri che diventavano nel momento dei loro delitti”.

Abbracciandomi, mi invitano amorevolmente a sedermi su una panca, spiegandomi il perché io sia lì e la Divina Missione che mi sarà affidata quale prescelto da Dio per annunciare agli uomini le Sue vere Leggi, travisate e distorte nei secoli da intendimenti interessati di scrittori e interpreti della Sua Parola.

Vedrò la Luce e la Luce mi parlerà direttamente, in modo da evitare passaggi che possano falsare l’interpretazione del Suo Pensiero. I mie cari mi comunicano che avrò guide d’eccezione per lo straordinario viaggio. I sommi scrittori della lingua latina, dello stil novo e del moderno italiano mi accompagneranno lungo il cammino della Verità.

La Verità
“Con gli occhi della nostra epoca abbiam visto una verità offuscata dal pensiero contemporaneo che rispettivamente ci nutriva. Ma il gran tempo qui trascorso ci ha permesso di vedere la Verità sgorgare pura dalla sorgente di Luce ch’è Dio nostro. Or tu la conoscerai direttamente dalla Sua voce” disse il bucolico latino.

E così, salutando i suoi, Tino si avviò accompagnato dai tre saggi sul luminoso cammino alla ricerca di quanto perduto. “Conoscerai la struttura dei Sette Cieli che compongono la Divina Dimensione. L’Inferno non esiste; e gli altri due luoghi da me descritti sono del tutto diversi nella realtà.” furono le parole del grande fiorentino.

La voce del padre del moderno italiano si spiegò “Inizierai il viaggio dal Settimo Cielo e, man mano scendendo verso la Terra, giungerai al Primo Cielo, quello degli eterni dannati, quello più prossimo all’umana dimensione, affinchè siano le ultime immagini che percepirai, le più indelebili a ricordarti il Male per meglio raccontarlo”.

“Cominceremo con lo spiegarti il luogo dove siamo ora” disse Virgilio. “E’ nominato Purificatorio ed è l’anticamera ai Sette Cieli” proseguì Dante. “Tutte le anime qui giunte sono obbligate a passarvi per conoscere la loro destinazione finale” completò Alessandro. E condotto da tali maestri il mio Spirito cominciò ad apprendere.

Il Purificatorio
E’ questo il luogo d’arrivo di tutte le anime, qui sono depositate le parti residue delle coscienze di ogni individuo, che appena giunto indossa la lunga tunica della tonalità consona ai suoi peccati e si avvia verso il Cielo di sua competenza, sapendo già di quale si tratti perché subito dopo aver indossato la tunica riacquista la coscienza perduta nella vita terrena che lo rende talmente giusto sino a darsi da solo la condanna; le tuniche vanno dal bianco abbagliante al rosso sangue.

La medesima Forza che l’aveva lì attratto riprese a condurre Lui e i tre sommi al cospetto di Nostro Signore. Più salivano e più erano avvolti da un bagliore soprannaturale, ma non ne erano accecati. Tino, circondato da un benessere mai provato, udì una voce persuasiva provenire dal cuore del bagliore. La Luce racconta.

PAROLA DI DIO
La Creazione
IO sono il principio: Io, il Mio Spirito. Io col Pensiero del Mio Spirito ho creato il Nulla. Nel Nulla ho esteso il Vuoto Infinito. Nel Vuoto Infinito ho creato il Mio Eden. Ma le due Creature più amate, tradendo la Mia Volontà, si sono nutrite del frutto del Mio Sapere scatenando, così, la Mia Ira consapevolmente.

Ho dovuto cancellare, perciò, comprimendolo in un pugno, il Mondo Perfetto, sino a farne un invisibile punto in cui ho concentrato la Mia Immane Ira. In quella massa invisibile ho racchiuso tutta la materia esistente del Mondo Perfetto appena ripudiato; contenendo però in ogni sua infinitesima particella il Mio Spirito Puro.

Prima che aprissi quella mano virtuale affermai le Mie Leggi, i Miei Principi per permettere di ritrovare l’Eden Perduto a tutti quelli che li avessero seguiti. Rilasciando l’immane energia ho detto: “Che sia il mondo più periglioso e inadatto a te, uomo; ti lascio quella parte del Mio Spirito per darti una possibilità di salvezza.

Ti faccio dono di un corpo deteriorabile ma che ti permetterà di perpetuarti. Avrai così la possibilità di adattarti al nuovo mondo che ti porrò sotto gli occhi, penetrarne i più remoti segreti per svelarli; sei libero di comportarti come meglio credi, ma tieni sempre immacolato il Mio Spirito che è in te.

Il Patto
Segui le Mie Leggi per renderMelo candido; riconquisterai così il Paradiso Ritrovato.” Da quel momento la straordinaria potenza dell’invisibile massa ha cominciato a espandersi in quello stesso Vuoto Infinito, liberando contemporaneamente Spazio e Tempo, dando vita quindi all’Universo.

Una forza straordinaria esplode.
L’Universo al suo nascere era quell’invisibile sostanza che in ogni sua più piccola parte conteneva lo Spirito Divino, il quale, come nella precedente Creazione, era presente in ogni dove. Tutta la materia ha cominciato ad evolversi, racchiudendo l’invisibile particella della Sua Anima.
I primi corpi celesti sono stati dolcemente espulsi nel Vuoto Infinito. L’Universo ha cominciato a espandersi, lo Spazio a riempirsi, il Tempo a scorrere e la Luce a illuminare il loro eterno cammino. E’ il principio della Vita di cose, animali, uomini. Le Sue Leggi già regolano la loro esistenza.

Per l’Amore particolare che sempre nutre per loro, il Signore ha concesso agli uomini il Libero Arbitrio nei comportamenti terreni; il vincolo alle Sue Leggi è stato l’unico patto che ha imposto loro per meritarsi nuovamente il Mondo Perfetto, quello del Settimo Cielo. Ha stabilito di porre il Suo Eterno Libero Spirito fra spiriti liberi terreni.

La Divina Struttura
Dio crea l’uomo consegnandogli il mondo come una pagina bianca e, come l’autore di quiz da risolvere, gli affida il compito di svelarli mano a mano che la sua cultura, la sua intelligenza e la sua civiltà si sviluppano. Proprio facendolo partire con queste tre doti al minimo, all'uomo è stato affidato lo scopo più alto.
Creare anche un solo uomo con le tre capacità al massimo, in grado di svelare in un attimo l’arcano del mondo, non avrebbe avuto alcun senso; privando l’umanità di quegli stimoli per cui conviene viverla tutta la vita: nascere, crescere, lavorare, guadagnare, nel sano principio delle Leggi Divine. Accumulare le esperienze necessarie per morire in pace e conquistarsi il Cielo che si è meritato.
Il viaggio è fatto a ritroso per permettere al designato di tornare sulla Terra con le immagini più nitide del Primo Cielo, quello dei dannati in eterno che, col Settimo, è l'unico Cielo dove si risiede per sempre. Dal Secondo al Sesto sono distribuiti gli altri peccatori, che li risalgono gradualmente, dopo aver scontato la condanna temporale per ognuno dei Cinque Cieli.

Il Settimo Cielo o del Paradiso
Il Cielo dei Santi
Il Cielo dei Santi e della Felicità Eterna, in compagnia della Luce Divina. Cielo azzurro che permette di vedere cose degli altri cieli e cose terrene. E’ il cielo della gente comune che ha sofferto del suo per colpa di altri in una vita anonima.

Il Sesto Cielo
Veniali peccati quotidiani
Condannati a qualche centinaio d’anni per colpe leggere, visione limpida ma molto distante del cielo massimo e delle cose terrene. E’ il cielo della gente comune sacrificata in fatiche e giornate anonime.

Il Quinto Cielo
Violenze sugli adulti a scopo immorale
Condannati a qualche migliaio d’anni per colpe involontarie, fitta nebbia che non fa intravedere il mondo spirituale, ma solo quello terreno.

Il Quarto cielo
Omicidi involontari
Cielo grigio e nebbioso che impedisce di vedere oltre. I rei sono condannati a milioni di anni in questa condizione, pima di risalire al cielo superiore.

Il Terzo Cielo
Omicidi volontari per sopprimere dittatori cruenti
Omicidi miranti a liberare il mondo da mostri con sembianze umane. Il Cielo a cui sono destinati i rei di tali atti, condannati a qualche milardo d’anni, Cielo scuro che impedisce di vedere oltre.

Il Secondo Cielo
Violenze sui bambini
Il Cielo a cui sono condannati i rei di abusi sui piccoli, ma senza che abbiano causato vittime: condanna eterna meno un pizzico (Cielo nero che impedisce di vedere oltre).

Il Primo Cielo
Lucida Follia
Condanna dei lavoratori delle fabbriche di armi di ogni epoca, perché in piena e libera coscienza sapevano di costruire strumenti di morte, utili solo ad annientare vite umane. Non hanno nessuna attenuante.
Il Cielo a cui sono condannati in eterno tutti quelli che hanno causato, direttamente o per mezzo di altri, la morte di un proprio fratello, o di chi li ha fatti assolvere distorcendo la Verità (killer, politici, re, tiranni, avvocati e giudici, delinquenti comuni ed organizzati, stupratori, eccetera). Cielo rosso sangue, che impedisce di vedere oltre il luogo del proprio crimine, che li assillerà, insieme alla scena del delitto, continuamente in eterno. Acquisita piena coscienza, i rei subiscono la pena peggiore per l’essere umano (condizione che mantengono per l’eternità), la sofferenza psichica, sino a raggiungere uno stato di lucida follia, (lucida perchè sofferenza cosciente, senza dubbio più atroce di ogni altra fisica). Sanno, finalmente, che non sono stati mai soli al momento del delitto: un testimone vi era sempre, il più attendibile, il peggiore, per loro, dei testimoni, lo stesso Giudice Supremo che li ha condannati per l’eternità col rivivere continuamente il loro crimine, senza più alcun falso alibi, patendo, oltre la citata sofferenza psichica, anche quella inferta alla propria vittima. I dannati di questo Cielo conservano per sempre l’aspetto fisico del momento peggiore della loro vita: l’abbrutimento allo stato puro.
(continua)
- Il Puzzo dell’Odor di Santità.
- La Falsa Onestà.
- La coscienza nera (tale rimane).
in elaborazione; abbozzato dall'1.1.2001

martedì 11 novembre 2008

A DUE CARISSIMI AMICI, ANNA E CIRINO

Non è vero che il primo amore non si scorda mai o, almeno, non sempre è vero. Infatti io ho avuto tantissimi amici nella vita, soprattutto in gioventù. Li ho quasi tutti dimenticati, anche quelli dell’età dell’innocenza. Ma in questi giorni, aprendo quello scrigno dei tesori che ognuno di noi porta nel cuore, ho scoperto, al di là dei figli, tre perle inestimabili: mia moglie, naturalmente, e Cirino e Anna, i due amici più cari della mia esistenza, anche se conosciuti in età matura. Ciò che più mi ha legato a voi è la semplicità, la purezza che vi contraddistingue. Anna, tu con la tua grazia, e tu, Cirino, con la tua forza e nobiltà d’animo, siete sempre pronti ad offrirvi agli altri; la vostra generosità è ammirevole. Chiunque bussi alla vostra porta, siano giovani o meno, è sempre certo di avere da voi una parola di conforto un consiglio prezioso. Vedervi sempre così uniti è pura melodia per l’anima. Anna, negli ultimi tempi vedo che ti sei volontariamente sottoposta ad uno stress gravosissimo, ma lo affronti sempre con il tuo più bel sorriso sulle labbra; la puntualità, la precisione con cui stai dietro a Cirino è vero amore. Cirino, sei fortunato ad avere accanto una donna tanto forte, non devi mai temere nulla con lei al tuo fianco. Sono certo che il Signore vi conserverà sempre uniti e, soprattutto, avrà continuamente un occhio benevolo su di voi. Io sono orgoglioso di avere due amici così; e sarò sempre pronto ad offrirvi una mano, come voi l’avete sempre offerta agli altri. Sarò il pilastro saldo e sicuro a cui potrete sempre affidarvi. A questo punto, come facevano gli scrivani di antica memoria (Totò docet), devo tendervi la mano per un obolo; vi prego, però, non monete ma opere di bene: due bucatini alla Furnò vanno benissimo. Naturalmente in una occasione futura.
Vito Petino, vostro sempre caro, spero, amico del cuore.

redatto a bari l’11.11.2008

domenica 9 novembre 2008

NOSOCOMIO O MANICOMIO?
Proprio vero che al Policlinico di Bari ne succedono di cose pazzesche! Ma l’ultima è assolutamente da manicomio. Viene indetto un concorso per titoli in cui si omette, volutamente o no, di stabilire il limite di età. A febbraio scorso il vincitore, dottor Palma Rocco classe 1923, un arzillo giovanotto di 85 anni, prende servizio con un contratto co.co.co. alla modesta, per lui, cifra di 3.000 € mensili, poiché si sta parlando di persona benestante e con una pensione molto alta. Noi cittadini, che, nonostante tutti gli sforzi, non riusciamo a comprendere la logica di tale rapporto, ci chiediamo se non sarebbe stato molto più utile alla comunità assumere tre giovani dottori, molto più efficienti, a 1.000 € mensili, visto che il dottor Palma si limita a giungere col taxì ogni mattina in ufficio, per poi appisolarsi sul giornale che funge da federa per la scrivania, trasformata all’occorrenza in semplice guanciale. Non siamo riusciti a sapere altro su quelle che dovrebbero essere le sue reali mansioni, se non che si tratta di un ex direttore sanitario dello stesso ospedale in cui, per agevolazioni varie, ha potuto lavorare sino alla bella età di 70 anni. E’ mai possibile esercitare ancora tanta influenza sui molti suoi sottoposti d’un tempo, tra cui anche il figlio tuttora in servizio? Probabilmente si tratta d’un uomo inossidabile, e non ci pare che lo sia per quel che abbiamo avuto occasione di vedere con i nostri occhi; ma se lo fosse realmente, comunque non è quello il posto che dovrebbe occupare. In un bel laboratorio scientifico, a totale disposizione di geniali ricercatori, diverrebbe molto più utile all’umanità tutta. Matusalemme non è alla nostra portata per studiarlo; accontentiamoci di Palma Rocco.

redatto a bari il 9.11.2008
DON GIOVANNI, VENIA

Mai avrei immaginato che la mia lettera scatenasse un rumore tanto roboante da intronare mezza Noicattaro. Un’assonanza ancora più assordante delle stesse campane della Chiesa di Santa Maria del Soccorso. L’idea di mancare di rispetto a chicchessia, anche minimamente, è la cosa più distante dalla mia mente. Non ho fatto altro che cogliere una protesta, leggera come zefiro, aleggiante nel nostro quartiere da qualche settimana e trasformarla in uno scritto goliardico. E forse il mio errore sta proprio in questo, aver voluto scherzarci su per dare del nostro caro don Giovanni l’immagine del prete jè-jè, del sacerdote moderno che predica il suo verbo con i mezzi più all’avanguardia che il nostro tempo ci offre. Tratto in errore perché i miei occhi l’han visto sempre come il Don Camillo televisivo che tanto mi affascina. In quanto al ballo indemoniato, ho solo voluto mettere in risalto tutta la giovanile energia, sana e attiva, di cui don Giovanni è stato dotato da Nostro Signore; energia che egli infonde, senza mai risparmiarsi, in ogni sua azione. Non è cosa semplice mandare avanti con pochi mezzi una parrocchia tanto popolosa come la sua. In tutta sincerità, poi, devo confessare che, personalmente, il suono delle campane, naturale o elettronico che sia, lo adoro. Quando la nostra Chiesa ne era priva, dovevo forzare l’udito per cogliere il lontano e dolce scampanio da altre Chiese. L’eterno suono delle campane è la voce del Signore che sempre chiama; è la voce della giovinezza; è la voce della festa; è la voce che ci accompagna per tutta la vita. E’ l’icona indissolubile dell’Ecclesia. Un doveroso saluto al nostro don Giovanni, rinnovandogli l’immutata stima e il perdono se involontariamente il mio pensiero è stato travisato.

redatto a bari il 9.11.2008

domenica 19 ottobre 2008

TARANTOLATE
Da poco più di un mese la pace non è più con noi in quel di Noicattaro. Dalla Chiesa di Santa Maria del Soccorso un continuo tarantolare di campane rompe quel silenzio ristoratore che, soprattutto la domenica, riconciliava gli animi con il Sacro Spirito. La situazione è grave. Diviene quindi impellente che qualcuno faccia immediatamente qualcosa. Chi è in grado di reperire un esorcista che lo faccia intervenire. Il buon don Giovanni, parroco della nostra Chiesa, è posseduto dal demonio che, per dannare gli animi di vecchi, infermi e bambini, se ne serve per spingerlo ad un estemporaneo, giornaliero e continuo ballo di San Vito con le campane; campane elettroniche per giunta. Fosse, almeno, il dolce e consolante scampanio naturale di antiche pievi di campagna. Invece, no. Sono soltanto assordanti suoni da discoteca i quali, da un altoparlante che ha sostituito in modo sacrilego la Santa Croce di Nostro Signore in cima al “Pan di Zucchero” nostrano, assillano dolorosamente i timpani di tutto il vicinato. Anziani che mal sopportano tale satanico suono; sofferenti che lo subiscono come ulteriore tortura ai propri mali; piccoli che, bisognevoli per la loro tenerissima età di dormire più volte al giorno, hanno perso quel sonno necessario a farli crescere sani; quei bambini di cui Nostro Signore Gesù Cristo ebbe a dire: “…… Quel che farete a loro, lo farete a me ……”. Per tutte queste gravissime ragioni preghiamo, allora, ognuno in grado di farlo, di intervenire per esorcizzare il povero parroco. Rivogliamo il nostro don Giovanni. Ridatecelo rinsavito.

redatto a bari il 19.10.2008

martedì 1 luglio 2008

CARO PAPA’
Abbiamo percorso un tratto della nostra vita tanto lungo in tua compagnia che questi miseri dieci giorni senza di te ci hanno trovati increduli e impreparati a guardarci intorno per trovarti. Quello che riesce a consolarci in minima parte è la consapevolezza di quanto ricca sia stata la tua vita e quanto di quella ricchezza ci hai lasciato in eredità: i tuoi meravigliosi figli sono la gemma più preziosa del tuo lascito morale; tutti vorrebbero averli come fratelli, per provare quel sublime piacere di sentirsi, anche loro, figli tuoi. Per tanti non sei stato soltanto un padre esemplare, ma soprattutto un uomo da imitare nei tuoi modi signorili, nel tuo tratto fiero. La tua vita è stata felice perché amato da moglie, figli, parenti, amici e da chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerti. La tua nobiltà d’animo si è sublimata quando, a costo di enormi sacrifici e lavorando sodo, ti sei preso cura dei tuoi nipoti più indifesi; la prova di quanto grande fosse il loro amore per te sono le lacrime cocenti che, al pari dei tuoi figli, pure loro hanno versato perdendoti. Ora hai fatto felice anche la mamma che, finalmente, si è potuta ricongiungere al suo perfetto gentiluomo. Col tuo amore ci hai nutrito per tantissimo tempo, Papà, ma ti giuriamo che i tuoi cento anni non sono stati sufficienti: avremmo voluto tenerti con noi per sempre, in un eterno abbraccio.
I tuoi figli, le tue nuore, i tuoi generi, i tuoi nipoti.

redatto a bari l’1.7.2008

venerdì 1 febbraio 2008

CIRINO AMICO MIO

Noicattaro, 1.2.2008

Caro Cirino,

ieri, come faccio ormai da tempo quasi ogni pomeriggio, guardavo la tv alla ricerca di quelle cose belle che mi riappacificano con la vita. Nello scorrere dei canali, ho improvvisamente sentito il tuo nome. Ho cercato in tutta fretta di registrare il documentario, ma sono riuscito a prenderne solo il finale. Quello che avevo ascoltato prima, però, mi ha confermato la convinzione che avevo della tua persona: il tuo bel nome, quindi, è in perfetta armonia con il tuo bellissimo animo. Ecco in sintesi quello che il documentario riportava. Sulle falde dell’Etna con santa fatica molti contadini coltivano una infinità di tipi di mele, fra le tante il Cirino, così chiamato per la sua naturale trasparenza, del tutto simile alla cera. Ma sono molte altre le qualità che contraddistinguono questo frutto meraviglioso, definito il re dei meleti dell’Etna; esso è fragrante, dolce, succoso, bello da vedersi, curativo, e tante altre cose. Beh, io in tutto questo vedo rispecchiato fedelmente il tuo nobile animo: il tuo cristallino comportamento quotidiano è simile alle sante stille di sudore dei contadini; la fragranza del tuo altruismo, come il pane appena sfornato, l’hai dimostrata in tante occasioni; la tua dolcezza l’hai diffusa intorno a te quotidianamente a piene mani; hai donato il nettare del tuo animo a noi tutti da oltre un ventennio; è veramente bello starti vicino; con il tuo piacevole carattere hai lenito i dolori a parenti e amici; e ancora, pure tu possiedi tante altre cose belle di cui continuerai a farci dono. Curati, noi ti aiuteremo per essere da te curati a nostra volta. Abbiamo tutti bisogno di persone come te per fare il mondo migliore. Non conta nulla essere amico di Berlusconi, Bush o simili. Per me è importantissimo soltanto essere amico di Cirino. Che il Signore ti conservi per sempre sino alla fine dei nostri giorni, oltre la fine dei giorni nostri.

Tuo, più che amico, Fratello vito petino.

redatto a bari l’1.2.2008

martedì 22 gennaio 2008

ASINI RAGLIANTI

Sessantotto sessantottini, che si definiscono scienziati, sottoscrivendo unitariamente un documento contro la Chiesa di Roma, hanno provocato un deprimente concerto di asini raglianti, applauditi soltanto dallo zoccolare dei loro incolpevoli allievi ciuchini. Una sparuta minoranza di barbe incolte, capelli radi e sporchi, abiti puzzolenti, ha impedito alla maggioranza attiva del nostro Paese di ascoltare, per eventualmente discolparsi, il capo della Cristianità. Dunque, veniamo al punto della protesta dei sessantotto e chiarire una volta per tutte di chi siano le vere colpe che hanno coinvolto personaggi illustri come Galileo, Giordano Bruno ed altri eccelsi ed inarrivabili geni della scienza. Tre, quattrocento anni prima che la Chiesa di Roma nascesse, scienziati peripatetici avevano di già concepito errate teorie, successivamente sostenute dai tolemaici, soffocando quelle più esatte dei pitagorici. Di chi la colpa, perciò, se non di scienziati poco preparati e per nulla perspicaci. L’unica colpa della Chiesa, tutt’al più, può essere quella di avere alla cieca abbracciato, delle due scuole, quella errata. Ma l’errore principale è stato commesso, come si è visto, dalla scienza. Pertanto, cari bambini con la barba, cercate di crescere anche dentro, assumendovi la vostra parte di responsabilità; solo così diverrete finalmente uomini. E smettetela con la violenza, precipua caratteristica della verde età. Con quelle barbe dovreste essere di già uomini fatti. Se posso permettermi di sparlare in tale maniera, ne ho il pieno diritto per tre buoni motivi: faccio parte di quello che è il pensiero maggioritario nel Paese, sono un libero cittadino che contribuisce in larga misura al mantenimento materiale di questi cattivi maestri, acefali ma pingui, e per ultimo ma decisamente importante per giudicarli, sono un ex sessantottino che ha vissuto, visto e udito direttamente il liquame che ribolliva in molte teste matte dell’epoca. Ho tuttora indelebili le immagini di quei giorni primaverili del ’69 quando gli istituti scolastici baresi furono occupati da autentici sfaticati del pensiero. In ogni dove erano seminati sacchi a pelo, nei quali i contestatori hanno bivaccato senza mai svestirsi e lavarsi per oltre tre settimane. In quel lerciume, sotto il distorto principio del libero amore, s’infilavano a turno le compiacenti sessantottine in una promiscuità da stalla di riproduzione. In compenso, per fortuna, c’erano veri idealisti che miravano ad un radicale cambiamento in meglio della scuola ottocentesca in cui tutti i giovani erano stati costretti ad imparare sino ad allora. Ciò che mi spinse ad abbandonare il movimento studentesco fu l’insensata e brusca sterzata che i politicizzati gli impressero, con la richiesta del “sei politico” ed altre amenità per evitare la sana fatica della mente, le quali amenità impedivano ai più meritevoli di esercitare in pieno le potenzialità intellettive dell’apprendere per distinguersi nell’agone sociale. Si è ottenuto in tal modo l’appiattimento delle menti, permettendo anche a chi non studiava mai di arrivare alla “laurea politica”, titolo di cui oggi si sono sfregiati tutti i cattivi maestri sessantottini che continuano a procurare danni irreversibili, non solo alla cultura italiana, ma ancora più disastrosi alla società. Ciò che produsse, quindi, quell’infausta stagione sono stati impotenti terroristi, sciocchi opportunisti e figli bastardi. Ed i nefasti risultati di quella mal riuscita rivoluzione oggi sono sotto gli occhi di tutti: le lotte che noi idealisti avremmo voluto portassero ad un mondo migliore, per colpa di scansafatiche congeniti hanno, invece, riportato la società in una atavica situazione di intolleranze e odio seicenteschi. Riprendendo il filo, comunque, a seguito di quella dittatoriale iniziativa anticlericale perpetrata nell’ateneo romano, il primo impeto che mi ha pervaso è stata la proposta di mutare nome a quell’università; non più “La Sapienza” ma “L’Ignoranza”, “L’Intolleranza”, “La Libertina”, “La Violenza”, proprio quella che si è consumata nei confronti dell’istituzione Cristiana che predica pace e fratellanza da oltre duemila anni, salvo casi sporadici perpetrati dai cattivi maestri in tonaca fulminati da mala santità. Però, ho dovuto rinunciare quando nelle interviste televisive mi è stata data la possibilità di confrontare i volti sereni dei giovani che rappresentano la maggioranza in quell’ateneo con quelli ributtanti odio dei loro coetanei minoritari. E proprio perché tali, la storia c’insegna che bisogna sempre stare all’erta di fronte a minoranze violente le quali, celandosi in residue sacche da ghestapo tuttora fermentanti in molti punti del Paese, hanno prodotto solo e soltanto dittature nella storia dell’umanità. Lo stesso Galileo, più volte indegnamente nominato da quelle bocche, avrebbe preso immediate distanze da “scienziati della domenica”, alla Ticone per intenderci, (cosa hanno prodotto di utile questi ignoti insegnanti, oltre al collante fra il loro deretano e le cattedre usurpate, proprio non si sa), da scienziati dilettanti che, travestiti da novelli “Barberini VIII” (sicuramente ancora ciecamente in giro per le galassie a scontare la pena eterna per il male fatto al grande genio pisano), “Lotario Sarsi” e quant’altri all’epoca, hanno voluto togliersi lo “sfizio”, calandosi in quei panni a ruoli invertiti, di “inquisire” il Papa, facendo solo del male alla vera conoscenza. Conoscenza che si estrinseca, man mano lungo l’interminabile cammino dell’uomo, grazie sì a grandi geni come Galileo, che sempre rappresenteranno il motore dell’Umanità, ma anche a tanti suoi colleghi con la tonaca, tutti ugualmente invisi , non alla Chiesa come istituzione, ma solo ad alcuni suoi uomini incolti e quindi privi di qualsiasi principio Cristiano e della pur minima cognizione scientifica. Tutti quelli che si definiscono atei, scienziati e non, si privano volontariamente di una parte della scienza, mancano di qualcosa per essere completi, infatti, anteponendo la “a” privativa ad ogni loro idea, non fanno altro che mutilarsi il pensiero, l’anima. Ma cari “scienziati”, con tutto quello che c’è ancora da fare al mondo, voi vi perdete in futili rivalse secolari. “Pensate” soprattutto; pensate a come esportare o produrre aria su altri pianeti, perché la nostra Terra diventa sempre più piccola; pensate a come ricostruire un essere umano debilitato dalle malattie, riportandolo alla sua efficienza fisica giovanile; pensate a produrre energie rinnovabili che facciano andare senza soste i nostri veicoli, evitando così all’umanità di farsi sfruttare dalle maledette multinazionali, o da pochi individui che ne ricattano una gran parte col malefico petrolio. Questi i temi necessari per evitare la fine dell’uomo sulla Terra: spazio vitale, integrità fisica ed economia. A voi scienziati il compito è facilitato da quel gran Libro, rappresentato dalla Natura che ci circonda e che Qualcuno ha scritto, mettendolo sotto gli occhi di tutti. Di quel gran Libro soltanto le prime pagine, delle infinite che lo compongono, risultano svelate, grazie a quel particolare humus prodotto con fatica solo dalle menti più geniali. Anche se in verità, ad ogni secolo, soltanto un paio di geni hanno tale capacità, sforzate lo stesso le vostre meningi, cercandone di secernere quell’humus particolare che continui a svelare il “Simpatico” Inchiostro Divino con cui quel Libro è stato scritto. E’ l’unico compito, in fin dei conti, che è stato affidato all’uomo per nobilitarlo. Bando alle ciance, quindi; su via, mettetevi seriamente al lavoro perché tutta l’umanità ha bisogno di voi. VIII

redatto a bari il 15.1.2008

ABITI

Negli ultimi tempi mi ha molto intrigato la questione del nuovo nome da dare alla sesta provincia pugliese. Sono sincero, l’appellativo di BAT non è che mi piaccia poi tanto, come non piace a molta altra gente con cui ho avuto occasione di scambiare un parere in proposito: tale denominazione, oltre che essere poco armoniosa, anzi vocalmente spenta del tutto, darà adito a molteplici scontate battute da “cantina del vicolo”. Quindi, prima che il “marchio” diventi indelebile, faccio la mia proposta, invitando altri a farne di migliori. Prendendo le iniziali delle tre maggiori città della nuova provincia, in rigoroso ordine alfabetico, A. B. T., la chiamerei in questo modo, pronunciando ABITI, in perfetta sintonia con molte delle attività produttive che si svolgono sul territorio interessato.

redatto a bari il 27.1.2006

martedì 1 gennaio 2008

ANNO MONDIALE DEL DISARMO

L’Umanità ha quasi raggiunto nell’anno appena trascorso l’obiettivo dell’abolizione della pena di morte. Ma se non si eliminano definitivamente i nefasti mezzi che causano il cessare violento della vita umana, tutto sarà stato inutile. Gli olocausti, le stragi, i singoli omicidi continueranno ad amareggiare l’uomo civile, sino a rischiare che, su base annua, le città dei morti divengano più popolose di quelle dei vivi. Pertanto, l’obiettivo primario del 2008 deve essere la proibizione più assoluta di fabbricare armi, con la conseguente riconversione industriale di tutte le fabbriche di armi nel mondo intero. Buon lavoro a tutti con l’augurio che l’eccelso fine sia conseguito entro il 2008.

redatto a bari l’1.1.2008