domenica 7 ottobre 2007

ITALIANI TRE

Italiani, avrebbe detto il Mazzini, visto se avevo ragione? Non c’è nulla da fare; i kaiser che ci governano non vogliono proprio intenderla. E invece di tagliarsi gli stomachevoli viveri di cui s’ingozzano, che fanno? Qualche ritocchino alle tasse, fumo negli occhi per una manciata di briciole con cui sfamarci, ed ecco l’obolo dei prepotenti al popolo “sovrano”, ma indigente per loro volere. Nel mentre, il ritocchino e parte dei nostri redditi sono già stati erosi dai continui aumenti sui beni di prima necessità, i cui prezzi, proprio per quel volere di cui si diceva, nessuno controlla di proposito; gli addetti a tali controlli chiudono anche tutt’e due gli occhi pur di portare a casa ogni giorno la spesa gratis. Proprio per tale motivo, è necessario precisare che i kaiser sono anche consapevolmente colpevoli della precaria situazione di molte famiglie italiane, infischiandosene col massimo dell’incoscienza. E’ solo di qualche settimana fa la dichiarazione rilasciata in una trasmissione tv dal signor Bertinotti, che affermava essere nel giusto la retribuzione di 20.000 euro mensili del presidente della Camera, a fronte dei 1.000 euro di un operaio generico. Caro Bertinotti, caro ex paladino di chi fatica, dopo la boutade da lei esternata (lei non merita altro che del “lei”; il “tu” noi lo diamo ai nostri fratelli italiani), si diceva da lei esternata nell’occasione, rifletta un attimo su questa considerazione, “Se cancelliamo i bertinotti, l’operaio continua a campare; se eliminiamo l’operaio, i bertinotti non campano più”, e converrà certamente con noi che essa è una sacrosanta verità: i cittadini senza politici rimangono sempre se stessi; i politici senza i cittadini sono nullità. Fratelli Italiani, qui si rifà l’Italia o si muore ...... di fame! Il clima è quello giusto; lo dimostrano le loro dichiarazioni che, in prossimità di sommovimenti popolari, spalleggiati da certa stampa mantenuta con pubblici contributi, tirano fuori ogni volta a sproposito la solita tiritera del populismo. Hanno mai pensato che tante volte il vociare del popolo sia ricerca di verità e giustizia, che loro tentano sempre di camuffare dietro l’inconsistente paravento del qualunquismo? Sono vere sofferenze, materiali e morali, quelle che stanno subendo i cittadini, altrochè! Siamo ormai dinanzi alla classica situazione di chi ha la pancia ricolma che non crede all’affamato. Gli italiani hanno capito che sotto le iridate e tramontate ideologie parlamentari non vi è altro che il goffo tentativo di tenerli ancora divisi. L’altro giorno un giovane, intervistato da una tv a proposito della fusione di alcuni partiti, si esprimeva già in perfetto politichese; sembrava di sentire i giovani comunisti degli anni ’50 i quali, pur perseguendo gli stessi scopi dei coetanei democristiani, si lasciavano ingenuamente dividere da evanescenti rancori ideologici, perdendo di vista le mire comuni e i veri subdoli intenti di chi li aveva corrotti mentalmente e irrimediabilmente. A meno che quel giovane non sia un catechizzato, infiltrato fra il popolo per continuare a dividere i cittadini con falsi obiettivi; a meno che non abbia mire egoistiche da futuro “politico all’antica”, quel caro giovane non ha soprattutto capito che l’unica divisione moderna di un popolo deve intendersi in quella linea immaginaria che separa, non dall’alto in basso il popolo, ma in orizzontale i cittadini dai politici: noi di qua e loro di là. Si chiedesse quel giovane in che consiste la differenza fra un destroide e un sinistroide, quando entrambi cercano obiettivi comuni per un futuro sereno; farlo uniti è più semplice che affaticarsi inutilmente da solo. Non facciamoci prendere stupidamente ancora in giro, permettendo all’illegale corte aristocratica, da decenni installatasi in parlamento, di continuare a vivere al di là di ogni più fantasiosa agiatezza con il nostro sudato denaro. Tutto ciò non è più tollerabile, perché non è giusto; in una vera famiglia quando c’è da sacrificarsi, ci si sacrifica tutti insieme; così come il benessere deve toccare tutti. Quindi, impossessiamoci delle piazze, dei palazzi, di tutti i luoghi pubblici che per legge appartengono al Popolo Sovrano, come previsto dalla Costituzione, democraticamente, senza alcuna violenza; anche se qualcuno dei neoaristocratici ha già messo le mani avanti, straparlando di pistole in risposta ai movimenti spontanei di popolo. Come questo nostro, che monta ogni giorno di più, per intenderci. Sappiano i neorealisti che negli scontri armati, l’unico a rimetterci è sempre stato il popolo; perciò, non è da noi che devono guardarsi le spalle quei signori. Ma loro questo lo sanno, lo sanno. Anche se non l’intenderanno mai, vivendo in un mondo a sè. Un mondo asettico dalle contaminazioni della vera vita quotidiana, di quella vita da molti di loro mai conosciuta, la vita dei lavoratori dediti a produrre e non a farsi mantenere. Ci serviamo dello stesso mondo ma con concezioni diametralmente opposte. Mentre noi camminiamo su una sfera tangibile, loro ruzzolano pericolosamente in una sfera virtuale, anche se dorata; anzi, proprio perché dorata non riescono più a vedere che sprofondano a precipizio nello stesso abisso da loro creato nei confronti del popolo. Da tempo hanno perso di vista la realtà, chiuso gli occhi per sognare; ma i sogni finiscono, e il più delle volte in piena notte. Proprio per evitare la nostra e loro catastrofe, quindi, dobbiamo essere noi, a prescindere da altre volontà, a prendere l’iniziativa, in nome del Paese, per redigere nuove norme che, a guisa di gabbia, impediscano all’angelico candidato di trasformarsi, una volta eletto, in quel famelico animale parlamentare, artigliato e beccuto. Norme che rientrano nel più ampio rivoluzionario progetto, non solo di uomo per il terzo millennio, ma di Uomo perenne. Ed è con queste semplici ma naturali norme che si può impedire al potere di mettere radici. Con queste norme, rette a sistema, dobbiamo scuotere vigorosamente ma democraticamente i politici insensibili; scuoterli per tentare di ridare vita alle loro agonizzanti coscienze e recuperare gli irrecuperabili. Ricordatelo sempre, signori della corte, il denaro che maneggiate è del popolo, non è vostro. Noi vi diamo mandato ad essere pubblici funzionari per qualche anno, ed è per tali mansioni che dovete essere pagati; non perché vi autonominiate sovrani di un regno inesistente, pagandovi da soli con il nostro denaro, senza che vi sia un organo che vi contrasti. A noi sarebbe bastato il consesso delle vostre coscienze, ma quelle, voi lo sapete bene, sono di proposito in agonia e per l’intero mandato. (continua)

redatto a bari il 7.10.2007

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