lunedì 1 ottobre 2007

IL SOMARO COCCIUTO

Rocchino menava vita grama nella sua Noicattaro, paesello pugliese alle porte di Bari. Il padre morendo gli aveva lasciato un piccolo appezzamento brullo e sassoso appena fuori paese, e un asino chiamato in famiglia Arriò. Il somaro, più giovane di Rocchino, gli faceva da carro per gli attrezzi agricoli. All’alba, appena svegli, i due si davano una energica scrollata e una rapida lavata. Poi Arriò, caricati attrezzi e padrone in groppa, si avviava sulla stradina polverosa che portava all’appezzamento. E sino al tramonto vi trascorrevano tutta la giornata, l’uno a lavorare inutilmente quel terreno sterile e l’altro a rimpinzarsi di erba fresca nei campi confinanti. Era la loro esistenza, un giorno dopo l’altro, come i grani d’un grigio rosario, tutti uguali; tranne la domenica, identica a tutte le domeniche. L’ultimo giorno della settimana Arriò rimaneva a riposare nella stalla accanto alla stanza del padrone; Rocchino, invece, indossato l’abito della festa già usato dalla buonanima del padre, andava in piazza a trattenersi con gli amici per le solite chiacchiere. La monotonia dei giorni lavorativi continuò a susseguirsi senza nessun cambiamento; mentre la noia delle domeniche fu interrotta il giorno in cui un vecchio paesano, emigrato anni prima in America, fece ritorno per raccontare agli amici in piazza come avesse fatto fortuna a cercare oro.

- Una padella traforata per filtrare l’acqua del fiume e pescare pepite, e una bestia per farsi trasportare attrezzi e sacchetti d’oro, ecco tutto quel che serve per diventare ricchi in America, ripeteva convinto il vecchio; anche se in fondo, a guardarlo bene, non è che vestisse proprio di fino. Ma le sue parole colpirono Rocchino.

- L’asino per il trasporto ce l’ho, gli attrezzi anche; vendo il terreno per il viaggio e la padella bucata e vado a cercar fortuna anch’io.

Giunto in America e seguendo i cercatori d’oro come lui, Rocchino e l’asino presero alloggio nella stessa baracca alle porte di un paesello del Far West. La prima cosa che gli venne in mente per darsi importanza fu quella di cambiare il proprio nome in Roch e quello dell’asino in Harriò. Cominciarono presto a lavorare per arricchirsi in poco tempo, riprendendo ad alzarsi all’alba, a darsi l’energica scrollata e la rapida lavata. E Harriò a trasportare attrezzi e padrone su una stradina polverosa, che si inerpicava per un tratto lungo il costone di una montagna, per poi biforcarsi, continuando a salire prendendo a destra e a scendere al fiume prendendo a sinistra. Nei primi giorni Harriò sbagliava direzione, prendendo il tratto a destra. Roch, usando tutte le sue brusche maniere, lo rimetteva sulla strada giusta per il fiume. Nonostante fosse passato un bel pezzo di tempo, il ciuco continuava a sbagliare. Persa la pazienza, Roch, prese a dargli bastonate a tutta forza per rimetterlo sulla giusta via. Ma quel somaro di Harriò, cocciuto più d’un asino, ricadeva ogni giorno nell’errore, inerpicandosi sul tratto a destra; e di conseguenza Roch gli scaricava legnate sul groppone per correggerlo. Senza accorgersi, i due erano ripiombati nel monotono quotidiano tran tran del paesello natio. Ogni giorno alzate, camminate, faticate e raccolta di miseri frutti sottoforma di poche pagliuzze d’oro; era venuta meno anche la bella abitudine domenicale del riposo e delle chiacchiere con gli amici in piazza. La sola variante alla vita grama passata, le quotidiane legnate al bivio. La storia andò avanti per anni. Una mattina, più stanco del solito, Roch si addormentò in groppa all’asino che, giunto alla biforcazione, s’incamminò imperterrito verso destra. Harriò riuscì finalmente a percorrere cocciutamente la stradina in salita, che terminava proprio sotto la parete verticale della montagna. Il dondolio dell’andatura improvvisamente interrotto fece risvegliare Roch. Accortosi che Harriò, non solo aveva preso la strada sbagliata, ma l’aveva anche percorsa tutta costringendolo a una perdita di tempo prezioso, balzò a terra e furioso afferrò il bastone per dargliene alla cieca. Sollevato il legno, però, s’accorse che Harriò, raspando il terreno con uno zoccolo, aveva messo allo scoperto un grosso filone d’oro. Mollato il bastone e dopo averlo abbracciato, fu solo a quel punto che Roch, messi sulle proprie spalle basto e soma, capì chi fosse il vero asino cocciuto.

redatto a Bari il 19.10.1964

Nessun commento: