martedì 10 gennaio 2017

BREXIT NO, BREXIT SÌ.

E’ pur vero che la Gazzetta del Mezzogiorno il giorno dopo ha chiesto scusa a noi lettori per il madornale ed in molti casi dannoso errore relativo agli articoli sul Brexit apparsi nel quotidiano del 24 giugno scorso in prima pagina ed all’interno, poi ribaltati il giorno dopo. Era un atto educativamente dovuto a noi lettori; se non altro per essere doppiamente sostenitori e finanziatori di ogni giornale; e come acquirenti diretti ed anche in veste di obbligati contribuenti delle sovvenzioni governative, iniquamente elargite ad ogni testata. Iniquamente perché a un operaio che lavora 8 ore non gli si paga un mese intero; così non si devono sovvenzionare quelle testate che stampano un milione di copie, vendendone appena un centinaio. Tutti si stanno dando all’editoria su queste facili basi, con la deleteria scomparsa del rischio d’impresa, e questo in ogni attività sovvenzionata con soldi pubblici. Riacciuffando l’argomento Brexit, non ci si può trincerare dietro l’ora tarda relativamente striminzita per andare in edicola, a scusante del macroscopico errore con relativi commenti, accettando per buono, anche se espresso da esperti, un risultato tutto in alto mare. Vista l’incertezza della consultazione il direttore, responsabile unico di quel che si pubblica, poteva autorizzare solo commenti generici sul voto, esponendo le ragioni delle due fazioni in prospettiva probabilistica, come hanno saggiamente fatto altre testate nazionali, e non venire fuori con titoloni poi sbugiardati e diametralmente opposti 24 ore dopo. Chissà quante volte nella storia il “se” ha salvato prestigiose carriere, a partire da Quinto Fabio Massimo un paio di secoli ante Cristo. Quante persone, quante società che avevano puntato tutto sul “Sì”, e non parlo di misere scommesse ma di ingenti investimenti, sono state danneggiate da quel perentorio responso pubblicato il 24; danno poi ribaltato il 25 sulla fazione avversa. Quanti in quelle 24 ore si son precipitati a cambiar segno ai propri investimenti. Esposte le motivazioni, dunque, ci si aspettava un fondo, o almeno un trafiletto di scuse firmato dal direttore e non generico ed anonimo. Ma lui ha preferito glissare come se nulla fosse. Devo confessare di avere avversione per un personaggio che sceglie le lettere dei lettori da pubblicare preferibilmente fra quelle del più untuoso gossip, di scontati argomenti calcistici e dei più deprimenti giochi di parole. Se gli si scrive di politica, temendo di inimicarsi gli appoggi finanziari, cestina immancabilmente le lettere che più rispecchiano la realtà del Paese. Devo riconoscere che qualche mia letterina “di natale” l’ha pubblicata; ma lettere che contestavano energicamente alcuni iniqui provvedimenti governativi, mai! Sino a quando, affermando io che per pubblicare i miei scritti ci volevano “sfere d’acciaio”, ha preferito fare il maramaldo, non pubblicando più nulla di mio. Ha preferito usare la clava contro la mia penna, mentre il suo predecessore l’ha fatto intingendo il fioretto nell’inchiostro per contestarmi. Eh, tutt’altra stoffa l’elegante d’aspetto e nobile di pensiero, dottor Lino Patruno, il Direttore. Greve nella figura e con un pizzico di pecorino nell’accento, non propriamente barese verace, l’attuale direttore s’attacca a grette rivalse per eliminare un lettore che da oltre 60 anni quotidianamente compra, legge e commenta la nostra Gazzetta; un lettore che molto semplicemente gli risponderà finché ne avrà fiato con le tre enunciate azioni quotidiane. Certamente non ce l’ho con l’uomo che non ho il piacere di conoscere; può darsi che sia costretto a determinate scelte dalla proprietà, che ha molto più interesse nell’ingraziarsi la consorteria politica. Fortunatamente ora abbiamo il web che ci permette di contestare tutto quanto di marcio la società produce…


Edito a Bari il 17.7.2016

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