giovedì 13 agosto 2015



Il profughesimo della chiesa

Siamo alle solite. Di tanto in tanto una scheggia della chiesa schizza via danneggiando soprattutto la Chiesa. Quando è Papa Francesco, a nome della Chiesa, che chiede asilo per i profughi, s’intende con chiarezza che si rivolge a tutti i popoli della Terra. Ma quando lo fanno i molti “galantini” a nome di una chiesa “minuscola”, che altro non fa se non intromettersi in affari di stato non propri, assumendo un chiaro e deviante intento politico in decisioni di un parlamento straniero, allora no, proprio non ci stiamo a tali scriteriate intromissioni. Aiuto ai migranti sì, ma non oltre i limiti dell’impossibile. Mi sovviene a tal proposito un episodio di cui sono stato testimone. Sono iscritto dal 1949 all’Arciconfraternita di Maria Santissima della Pietà e di Sant’Antonio da Padova, venerati nella Parrocchia-Convento di Bari dedicata al Santo; ho fatto parte per più trienni del relativo Consiglio di Amministrazione. Una sera consiglieri, comitato feste e probiviri fummo invitati a cena dal parroco. Entrando nella mensa del convento, in cui risiedevano stabilmente una decina di persone, tra frati minori, perpetue e perpetui, fui sorpreso nel vedere una lunghissima tavolata riccamente imbandita e circondata da molti carrelli per antipasti d’ogni specie, di terra e di mare; una tavolata da far invidia al miglior ristorante. Ci fu spiegato che giornalmente ospitavano gente bisognosa priva anche del classico tozzo di pane; mi riscaldò il cuore tanta carità cristiana. Calcolando noi ospiti occasionali, gli ospiti abituali e i posti ancora liberi, quella tavolata poteva contenere tranquillamente cinquanta commensali, saziandoli tutti moderatamente. Ma se a quella tavola si fossero presentati sessanta, settanta altri ospiti che sarebbe sucesso? Cari "galantini", è proprio quello che voi finti pietisti, in combutta solidale con alcuni politici che non sanno far di conto, state combinando. Volete costringere commensali già alla fame (Grecia, Italia), ad ospitare altri morti di fame più di noi. Finché si è potuto, e va bene. Ma così continuando, la catastrofe è vicina. E finiamola con la tiritera che anche noi italiani siamo stati emigranti; non regge più questa vostra stupida motivazione. Noi italiani siamo andati, e non clandestinamente ma con piroscafi legalmente organizzati, ad esportare il made in Italy, e non il made in chinatown, in quelle nazioni che richiedevano manodopera. In quanto a guerre, quando la dittatura ha cercato di opprimerci, noi italiani ci siamo rimboccati le maniche per liberarci dei tiranni con le stesse armi, conquistandoci democrazia, patria e territorio natio; non siamo scappati all’estero abbandonando tutto e facendo rischiare la vita ai nostri cari. La democrazia non si esporta, come dimostrato dal fallimento USA. La democrazia va conquistata con sudore e sangue, come ampiamente dimostrato dai tanti martiri del nostro Risorgimento, dai tanti martiri della nostra Resistenza, donne e bambini compresi. Ma come può un popolo che ha paura dell’oppressore, donne e bambini compresi, abbandonare vilmente il proprio suolo natio, i propri cari, per poi venire a fare i “coraggiosi”, spadroneggiando nelle nostre città. Se avessero tirato fuori nel loro paese un decimo dell’aggressività che dimostrano nelle nostre periferie, certamente oggi sarebbero liberi a casa loro, conquistato democrazia e sviluppo economico anche per i propri cari, senza più dipendere da estranei. Chi continua a spingerli ad abbandonare la loro terra commette un duplice delitto. Oltre a quello evidente delle morti in mare, vi è da mettere in conto alle loro coscienze quello occulto dell’ignavia inoculata in quei poveracci poiché, continuando a trattarli come handicappati, non saranno mai indipendenti nei campi-lager di accoglienza, messi su per l’ingordo interesse dei furbi delinquenti. In quanto ai “galantini”, vi siete accorti che indossano tutti il nero, il viola o il rosso porpora? Mai che vi sia qualcuno in bianco o celeste, i colori del Paradiso!

Edito  a  Bari il 13.8.2015

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