domenica 9 novembre 2008

DON GIOVANNI, VENIA

Mai avrei immaginato che la mia lettera scatenasse un rumore tanto roboante da intronare mezza Noicattaro. Un’assonanza ancora più assordante delle stesse campane della Chiesa di Santa Maria del Soccorso. L’idea di mancare di rispetto a chicchessia, anche minimamente, è la cosa più distante dalla mia mente. Non ho fatto altro che cogliere una protesta, leggera come zefiro, aleggiante nel nostro quartiere da qualche settimana e trasformarla in uno scritto goliardico. E forse il mio errore sta proprio in questo, aver voluto scherzarci su per dare del nostro caro don Giovanni l’immagine del prete jè-jè, del sacerdote moderno che predica il suo verbo con i mezzi più all’avanguardia che il nostro tempo ci offre. Tratto in errore perché i miei occhi l’han visto sempre come il Don Camillo televisivo che tanto mi affascina. In quanto al ballo indemoniato, ho solo voluto mettere in risalto tutta la giovanile energia, sana e attiva, di cui don Giovanni è stato dotato da Nostro Signore; energia che egli infonde, senza mai risparmiarsi, in ogni sua azione. Non è cosa semplice mandare avanti con pochi mezzi una parrocchia tanto popolosa come la sua. In tutta sincerità, poi, devo confessare che, personalmente, il suono delle campane, naturale o elettronico che sia, lo adoro. Quando la nostra Chiesa ne era priva, dovevo forzare l’udito per cogliere il lontano e dolce scampanio da altre Chiese. L’eterno suono delle campane è la voce del Signore che sempre chiama; è la voce della giovinezza; è la voce della festa; è la voce che ci accompagna per tutta la vita. E’ l’icona indissolubile dell’Ecclesia. Un doveroso saluto al nostro don Giovanni, rinnovandogli l’immutata stima e il perdono se involontariamente il mio pensiero è stato travisato.

redatto a bari il 9.11.2008

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