Lettera a Tonino sei
Bari, 31 agosto 2015
Caro Tonino,
stiamo facendo tutto il possibile per tirarti
fuori da quel posto a cui non siamo abituati, se non a costo della tua stessa
prostrazione psicofisica. Ma tu, ti prego, non lasciarti andare, sforzati a
tenerti su ancora per poco, coraggio; a noi hanno vietato di portarti cibarie
(anche la frutta che di solito va bene in ogni terapia), perché sei a regime
sanitario, così almeno ci è stato detto; quindi, mangia tutto ciò che ti
portano, e se hai fame chiedi altro cibo; prendi anche i farmaci che ti danno.
Per rincuorarti e dimostrarti che stiamo facendo più di quello che è nelle
nostre possibilità, ti allego la documentazione inviata ad autorità ed enti per
rendere pubblico il tuo disumano stato di salute. Ieri, parlando con Angelo che
è stato a trovarti sabato scorso, ho saputo che sei caduto e hai battuto la
testa, che ti hanno suturato con quattro punti, e le costole. Ma è vero, o sei
stato picchiato? A chi ci sta leggendo in questo momento chiedo chiarimenti.
L’avvocato è in ferie, non appena rientra gli consegnerò i documenti di don
Dante Leonardi che devi firmare per essere accolto nella sua comunità. Dai,
Tonino, mettiti su moralmente; dimostraci di essere quel gigante buono che noi
conoscevamo quando eravamo ancora tutti a casa con mamma e babbo. Capisci ora
il perché delle distanze da noi prese 25 anni fa da quella donna che ti ha
portato in questa situazione; avevamo subito intuito della sua velenosa
cattiveria e che ti circuiva soltanto per i soldi che le passavano sotto gli
occhi nel tuo laboratorio, sino al punto da avere un figlio con te ed
affibbiarlo a suo marito, e senza entrare in tante altre angherie messe in atto
per costringerti ad abbandonare Gina e i tuoi tre figli, che hanno
dimostrato proprio in questi frangenti di essere i soli che ti amano ancora.
Perché non avete mai voluto fare il DNA del ragazzo che porta ancora il cognome
dell’ex marito di quella donna per dargli il nostro di cognome; perché far
vivere quel povero bambino, oggi uomo fatto, nell’eterna incertezza di chi sia
veramente figlio, col rischio che prima o poi abbia una crisi d’identità da
esserne travolto irreparabilmente? E infine, noi abbiamo il diritto di sapere
se è nostro nipote o meno. Guarda quanti disastri ha combinato quella donna per
la sua leggerezza morale e culturale; ti doveva bastare per starle alla larga
il solo fatto che, pur di averti e non per amore come ti ho spiegato prima, è
stata capace di rigirarsi nel manico ben sei uomini: l’incolpevole marito, il
padre “arcigno”, tre fratelli (uno carabiniere e due finanzieri – spero tanto
che non siano loro, per una misera vendetta, gli artefici del tuo stato
detentivo tanto disumano; non sarebbero per niente quei paladini della
Giustizia che le loro divise dovrebbero certificare; dovrebbero prendersela
esclusivamente con la loro sorella che è andata per il mondo a combinar
pasticci, per non dire altro), e per ultimo il nostro stupido fratello che ha
creduto ciecamente alla sue lusinghe d’affetto, senza che tu abbia voluto
ascoltare i nostri disinteressati consigli, veri avvertimenti di chi ti ha
fatto da padre, dopo la morte di babbo. Scusami, Tonino, ma erano anni che mi
tenevo dentro queste verità e dovevo pur dirtele; spero soprattutto che tu
possa riprenderti al più presto, altrimenti non finisce certo qui con quella
donna e con “i vostri” due figli ingrati. Giustissima la legge contro il
femminicidio; ma la Giustizia non si è accorta per nulla che in casi come il
tuo quella legge si ritorce sempre in un vero e proprio “omicidio”, nel senso
di uccidere un uomo; ed è ciò che quella donna, soprattutto negli ultimi 5
anni, sta facendo con la sua dose giornaliera di “veleno” che ti inietta con le
liti pretestuose, le ingiurie, il volgare dissacramento d’un uomo, di cui tu
tante volte ci hai parlato. In settimana verrò a trovarti. Ciao Tonino, un
abbraccio fortissimo da tuo fratello Vito.
Edito
a Bari il 31.8.2015
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