DALL’UOMO AUSTRALE ALL’UOMO UNIVERSALE
Quanta strada deve percorrere
l’uomo per giungere ad essere l’individuo universale scevro da ogni tipo di
conflitto con i propri simili. Molti sono i pitecantropi ancora in mezzo a noi.
E non mi riferisco affatto all’aspetto fisico dei tanti. A tutt’oggi ci
costringono a vivere nella stessa gabbia assieme ad autentici animali feroci
con sembianze umane. E’ pur vero che l’essere contemporaneo è alla fine della
sua fase primitiva. Ma l’Uomo Universale si realizzerà solo quando il suo
processo mentale avrà totalmente metabolizzato le diversità che lo circondano
sino ad annullarle. Il tratto terminale del ciclo evolutivo poggia su pochi
pilastri ma molto solidi, rappresentati da quegli esseri superiori che da
sempre costituiscono il mezzo trainante per tutta l’umanità. Dio ha creato
l’uomo dal nulla; l’uomo deve scoprire Dio dal tutto. Quel tutto che è
contenuto nel Grande Libro della Natura che ci sta sotto gli occhi e che giorno
dopo giorno ne sfogliamo le pagine. Intanto, è indispensabile stabilire norme
che cambino radicalmente la vita dell’intera umanità. La governabilità di un
solo stato sino ad oggi ha dato risultati conflittuali che hanno sempre posto
un popolo contro l’altro. Ecco il grandioso compito affidato ai pochi esseri
superiori che con la sola forza dell’amore hanno sempre svolto e continueranno
a svolgere a favore di tutti i propri simili. Il lavoro da fare è immenso ma
l’obiettivo è infinito. Dobbiamo subito sciogliere le catene con cui lo sviluppo
industriale da quasi duecento anni tiene legata l’umanità al maledetto petrolio, fonte continua nello stesso periodo di
tanti sanguinosi conflitti (petrolio che tutt’al più dovrebbe essere utilizzato soltanto per le future e immediate iniziative interplanetarie più avanti descritte, in attesa di propellenti alternativi, più ecologici e potenti); produrre, inoltre, nuove fonti di energia rinnovabile a costo
zero che la natura ci offre pacificamente a piene mani, e fare in modo di
distribuire questa ricchezza più equamente fra i tanti. L’accumulo di ricchezza
nelle mani di pochi è stato uno dei mali evidentissimi dell’uomo contemporaneo:
quando il denaro ristagna, quando l’acqua ristagna imputridisce, ed è crisi
fonda per tutti, anche per gli stessi pochi, costretti ad isolarsi, a
nascondersi per non essere depredati. Uno dei primissimi insegnamenti, da
introdurre in ogni ordine di scuola per cambiare radicalmente la corrente
mentalità sul denaro, deve essere il senso di vergogna che il possederne tanto
susciterà in ogni cittadino (vedi stipendi e pensioni d’oro che non hanno
alcuna giustificazione morale, utili solo al ristagno della moneta): è facile,
perciò indegno, affrontare la vita con le casseforti piene; molto più difficile
invece, perciò eroico, campare con mesate di poche centinaia di euro per nucleo
familiare. Provassero i ricchi a farlo; è certo che fallirebbero dopo i primi
tre giorni. Le banche oggi sono piene di soldi fino a scoppiare; ma se il
flusso di denaro liquido continua a comprimersi, se le banche non trovano più a
chi vendere la loro unica merce, il sistema rischia l’implosione. Se
improvvisamente i ricchi dovessero richiedere tutto il loro denaro in un colpo
le banche, ora come ora, non sarebbero in grado di restituirlo, avendo dovuto
intaccare i capitali loro affidati per coprire, fra le tante, anche le ingenti
spese giornaliere necessarie al loro funzionamento. Per giungere al
pareggio le banche sarebbero costrette a far immediatamente rientrare
tutte le vendite di denaro effettuate con quei capitali depositati;
un'operazione del genere è praticamente impossibile, perché tanti debitori non
saprebbero proprio come restituire le somme avute. L’immobilità bancaria,
perciò, frena la vendita di moneta impedendo così di ricavare quei frutti che
tale attività deve giustamente produrre, almeno per la copertura di quelle
stesse spese. Controproducente al massimo livello, poi, che le banche
inseguano scioccamente come unico obiettivo quello di ampliare sempre più
il divario fra i pochi ricchi ed i tantissimi poveri. E’ più intelligente,
invece, ridurre tale divario perché, se i poveri non sono più poveri, li si
mette in condizione di acquistare quello che i più ricchi producono. Il denaro
è un treno sempre in movimento su cui tutti hanno il diritto di salire; se
invece vi viaggiano solo i ricchi, i biglietti venduti sono pochissimi e di
conseguenza misero l’incasso per la comunità. Il discorso è volutamente
elementare proprio per essere capito da tutti. Ciò che invece è incomprensibile
sono i discorsi che da tempo vanno facendo i politici, speculando su una crisi
di cui proprio loro governanti sono causa con il proprio cronico immobilismo, e
in tanti casi pure per innata incapacità. Non si è in grado di frenare la
dilagante disoccupazione? Allora si ricorre a sistemi temporanei e immediati
per tamponare l’emorragia di posti, come quello, ad esempio, di dimezzare gli
orari di lavoro per raddoppiare il numero degli occupati sia nel pubblico che
nel privato; una pur minima fonte salariale è necessaria per continuare almeno
a sperare. E’ inconcepibile anche per le menti più limitate poter vivere senza
un reddito. Il diritto al salario minimo per chiunque è legge da promuovere
subito. Altro che crisi; vi dimostro con i fatti che la crisi, voluta da pochi
furbi e causata da molti stupidi è facilmente superabile, con tutte le
iniziative da promuovere. Quanto lavoro per tutti c’è, invece; e per il
benessere di tutti bisogna immediatamente attivarsi. Basta poco. Intanto sono
da riconvertire per prime proprio le banche; da depositi di moneta contante
anonima esse devono trasformarsi in istituti per l’amministrazione della moneta
virtuale nominativa. Una legge ad hoc deve abrogare subito la circolazione e
l’uso dell’attuale moneta, sostituendola con quella nominativa (le attuali
card) su cui ogni transazione, motivata da apposita codifica, regolerà la vita
finanziaria di ogni cittadino. Nel giro della sua entrata in vigore ogni reato
patrimoniale scomparirebbe dai codici. Chi potrebbe opporsi a tale
provvedimento se non evasori, usurai, ladri, spacciatori, ricettatori;
giornalisti e artisti, politici e giudici, manager e professionisti corrotti.
La persona onesta non ha nulla da temere da un tale provvedimento, mentre ha il
diritto di sapere chi e perché prende denaro dalle casse pubbliche, in cui
vanno a finire i propri sacrifici tradotti in tasse. Quanto alla privacy, essa
è più garantita da una card nominativa, che per svelare i propri segreti
necessita di un terminale inattaccabile, piuttosto che da un metaforico portafoglio
in qualsiasi momento e luogo vulnerabile. Il sistema della card nominativa
snellirebbe totalmente la purulenta burocrazia che, grazie ai suoi secolari
lacci, costringe il cittadino a dover foraggiare il burocrate di turno, che
verrà impedito nella sua losca attività proprio dal dover codificare la
transazione monetaria virtuale dalla card del cittadino alla propria.
Immaginate quanto lavoro c’è per tutti sino a che il denaro, anche quello
nominativo, sarà estinto definitivamente perché inutile, avendo nel frattempo
l’essere umano realizzato il principio del tutto a tutti per solo diritto di
nascita da cui scaturiscono altri diritti inscindibili per ogni essere umano:
Abitazione, Alimentazione, Ambiente, Assistenza, Lavoro, Libertà. Si può
inoltre attivare un’altra fonte di lavoro, procedendo subito alla riconversione
degli istituti di case popolari per cancellare definitivamente dai piani
urbanistici gli incivili quartieri popolari e le invivibili favelas che
allignano alle estreme periferie delle più grandi città. Tali istituti vanno
trasformati in Agenzie Immobiliari di Stato che provvederanno solamente ad
amministrare, dopo averle assegnate agli aventi diritto, case situate in
edifici già realizzati in proprio da imprese private; assegnazione per ogni edificio non
superiore al 20% degli alloggi totali, occupati naturalmente ognuno da un
solo nucleo familiare, diluendo così le famiglie a rischio ed evitando la
piaga dell’associazione a delinquere. Il diretto contatto con famiglie più
civili influenzerà positivamente i nuclei più retrivi, con l’ulteriore
beneficio che i più abbienti darebbero lavoro ai bisognosi. Altro vantaggio
l’abolizione delle gare d’appalto che l’attuale situazione trasforma in focolai
di corruzione per l’inveterata abitudine di richiedere bustarelle; malevolo
andazzo che di conseguenza spinge le imprese ad eseguire opere scadenti che
necessitano già di manutenzione a soli pochi mesi dalla loro ultimazione. C’è
poi da incentivare il turismo con l’introduzione della legge per il Turismo di
Stato, con cui tutte le famiglie a basso reddito potranno fare le proprie
vacanze periodiche, provvedendovi direttamente lo stesso Stato; inviando quelle
famiglie in luoghi di villeggiatura, anche fra i più rinomati; distribuendole
indiscriminatamente fra i più abbienti con apposito sorteggio. Ed eccoci al
punto più importante dell’evoluzione lavorativa umana: riconvertire senza più
alcun indugio tutte le fabbriche di armi nel mondo, riavviandole alla
produzione di mezzi più potenti atti allo sfruttamento di ogni risorsa che
terra, mare e cielo possano dare all’uomo. I beni che la natura ci offre dalle
cime più impervie alle profondità oceaniche sono alla nostra portata. Ma la
miniera più ricca e vasta da sfruttare è quella interplanetaria. C’è da esportare
ossigeno sui pianeti a noi più vicini; da trasformare in acqua i granitici
ghiacci di quelli più lontani. Intorno ai pianeti più freddi si possono
sistemare satelliti orbitali, forniti di giganteschi specchi, per trasformare con
precisi calcoli progettuali la loro atmosfera così da renderla identica a
quella terrestre, riflettendovi i raggi del sole così imbrigliati, e permettere
all’uomo di colonizzare pacificamente quegli stessi pianeti. E quando il sole
starà per spegnersi, l’Uomo Universale potrà tranquillamente esportare il suo
sistema vitale su altre galassie. Sino a crearne una propria artificiale,
autonoma e ripetibile, realizzando così il moto lavorativo perpetuo. Senza
nulla togliere a Dio che ci ha indicato la strada.
Edito
a Bari il 20.8.2013
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