Il
profughesimo della chiesa
Siamo
alle solite. Di tanto in tanto una scheggia della chiesa schizza via
danneggiando soprattutto la Chiesa. Quando è Papa Francesco, a nome della
Chiesa, che chiede asilo per i profughi, s’intende con chiarezza che si rivolge
a tutti i popoli della Terra. Ma quando lo fanno i molti “galantini” a nome di
una chiesa “minuscola”, che altro non fa se non intromettersi in affari di
stato non propri, assumendo un chiaro e deviante intento politico in decisioni di
un parlamento straniero, allora no, proprio non ci stiamo a tali scriteriate
intromissioni. Aiuto ai migranti sì, ma non oltre i limiti dell’impossibile. Mi
sovviene a tal proposito un episodio di cui sono stato testimone. Sono iscritto
dal 1949 all’Arciconfraternita di Maria Santissima della Pietà e di Sant’Antonio
da Padova, venerati nella Parrocchia-Convento di Bari dedicata al Santo; ho
fatto parte per più trienni del relativo Consiglio di Amministrazione. Una sera
consiglieri, comitato feste e probiviri fummo invitati a cena dal parroco.
Entrando nella mensa del convento, in cui risiedevano stabilmente una decina di
persone, tra frati minori, perpetue e perpetui, fui sorpreso nel vedere una
lunghissima tavolata riccamente imbandita e circondata da molti carrelli per
antipasti d’ogni specie, di terra e di mare; una tavolata da far invidia al
miglior ristorante. Ci fu spiegato che giornalmente ospitavano gente bisognosa
priva anche del classico tozzo di pane; mi riscaldò il cuore tanta carità
cristiana. Calcolando noi ospiti occasionali, gli ospiti abituali e i posti
ancora liberi, quella tavolata poteva contenere tranquillamente cinquanta
commensali, saziandoli tutti moderatamente. Ma se a quella tavola si fossero
presentati sessanta, settanta altri ospiti che sarebbe sucesso? Cari "galantini",
è proprio quello che voi finti pietisti, in combutta solidale con alcuni
politici che non sanno far di conto, state combinando. Volete costringere
commensali già alla fame (Grecia, Italia), ad ospitare altri morti di fame più
di noi. Finché si è potuto, e va bene. Ma così continuando, la catastrofe è
vicina. E finiamola con la tiritera che anche noi italiani siamo stati emigranti;
non regge più questa vostra stupida motivazione. Noi italiani siamo andati, e
non clandestinamente ma con piroscafi legalmente organizzati, ad esportare il
made in Italy, e non il made in chinatown, in quelle nazioni che richiedevano
manodopera. In quanto a guerre, quando la dittatura ha cercato di opprimerci,
noi italiani ci siamo rimboccati le maniche per liberarci dei tiranni con le
stesse armi, conquistandoci democrazia, patria e territorio natio; non siamo
scappati all’estero abbandonando tutto e facendo rischiare la vita ai nostri
cari. La democrazia non si esporta, come dimostrato dal fallimento USA. La
democrazia va conquistata con sudore e sangue, come ampiamente dimostrato dai
tanti martiri del nostro Risorgimento, dai tanti martiri della nostra
Resistenza, donne e bambini compresi. Ma come può un popolo che ha paura
dell’oppressore, donne e bambini compresi, abbandonare vilmente il proprio
suolo natio, i propri cari, per poi venire a fare i “coraggiosi”,
spadroneggiando nelle nostre città. Se avessero tirato fuori nel loro paese un
decimo dell’aggressività che dimostrano nelle nostre periferie, certamente oggi
sarebbero liberi a casa loro, conquistato democrazia e sviluppo economico
anche per i propri cari, senza più dipendere da estranei. Chi continua a
spingerli ad abbandonare la loro terra commette un duplice delitto. Oltre a
quello evidente delle morti in mare, vi è da mettere in conto alle loro coscienze quello occulto
dell’ignavia inoculata in quei poveracci poiché, continuando a trattarli come handicappati, non saranno
mai indipendenti nei campi-lager di accoglienza, messi su per l’ingordo
interesse dei furbi delinquenti. In quanto ai “galantini”, vi siete accorti che
indossano tutti il nero, il viola o il rosso porpora? Mai che vi sia qualcuno
in bianco o celeste, i colori del Paradiso!
Edito a Bari il 13.8.2015
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