A FRANCO
BUCCI, MIO COGNATO
Il termine “cognato”, Franco caro, nel suo più comune concetto
fa subito pensare ad un freddo e distaccato legame fra estranei che il destino
converge in una stessa famiglia. Invece, l’accezione latina di “cognatus”, antica
lingua italica, trasforma tale senso elevandolo nel più intimo significato di “consanguineo”.
E proprio in tal modo, sin dal principio, ho percepito immediato il legame che
ci ha uniti quasi 45 anni fa, e continuerà ad unirci per aver avuto la buona
sorte di aver sposato le due infaticabili e solari sorelle Lanzilotti. Tu sei stato
all’istante per me quel fratello maggiore che non avevo. Nella nostra vita hai
rappresentato un continuo esempio di persona moralmente elevata. Del tuo
buonismo qualcuno ne ha approfittato procurandoti danni professionali. Ma il
tuo animo nobile non ha mai tentato rivalse , o peggio vendette, contro chi ha
invece approfittato della tua predisposizione naturale alla fiducia. Nonostante
la tua esemplare condotta di vita, alla fine hai dovuto sopportare sofferenze
oltre ogni limite. Ed è proprio su questo aspetto che negli ultimi tempi mi
sono spesso chiesto “Signore, perché proprio a lui?” Ma la fede nell’imperscrutabile
Giudizio Divino mi fa concludere che le anime elette son messe alla prova
proprio attraverso le sofferenze terrene, per poter giungere nel massimo
splendore al Cielo più alto. Il tuo cammino terreno è impresso indelebile dall’impronta
degli autentici tesori che hai lasciato dietro di te. La tua amata Rosetta.
Cristian e Serena, i figli che con tanto amore avete desiderato e con altrettanto
amore vi hanno ricambiati. E i nipoti a te tanto cari, il dolce Alessandro che
ha patito giorno per giorno le tue sofferenze con l’assidua sua presenza, Sasha
e Giorgia che, nonostante la distanza, tanto vicini al cuore del loro diletto
nonno sono sempre stati. Definire grande il vuoto che lasci in tutti noi
parenti, sarà sempre sminuire quello che realmente la tua presenza ha
rappresentato nelle nostre vite. Manchi già tanto a tutti. I ricordi si affollano;
qualche brandello che allego a queste mie parole confermano l’importanza della
tua persona anche per amici e conoscenti. Indimenticabile il tempo passato tra
Carovigno, Colacurto e Santa Sabina. So per certo che nella contrada in cui hai
condensato un piccolo Eden, racchiuso intorno al tuo trullo, vi sono stati
marchesi e baroni; ma il solo re di Colacurto sei stato tu, che con la sola
prestanza davi sicurezza a tanti. Ti rivedrò sempre nella tua veste più
sontuosa, l’esotico caffettano nero con ricami dorati. Colacurto,
ora non sarà più la stessa. Immagino la gioia di quelli
che ti hanno preceduto, quando ti han visto arrivare, pronti a guidarti nel
nuovo Mondo … Di contro la nostra disperazione nel vederti partire. Il 27 sera
eravamo già sulla porta per andar via, quando ci hai fermati per trascorrere gli
ultimi attimi insieme … Hai voluto regalarmi, per la prima volta in vita mia,
la sublime esperienza di un’anima che vola dal Signore … Il giorno dopo in
Chiesa eravamo in tanti a pregare per te, ad innalzare al Signore i tuoi grandi
meriti … Se può consolarti, considerato il fine incontrovertibile che la
parabola terrena riserva ad ogni mortale, posso dirti che, fra non molto, l’imperscrutabile
mano del fato sceglierà qualcuno di noi, che abbia le tue giuste virtù, per
fargli, tu questa volta, da guida celeste … Domenica sera, nel chiuso delle
nostre case, si riandava con la mente a quel luogo solingo dove ti avevamo
lasciato al tramonto; ma sono certo che i pensieri di tutti noi, convergendo
verso quel sito, solo in apparenza solitario, ti tenevano compagnia, riscaldandoti
col calore del cuore. Ciao Franco.
Edito a Bari il 1.3.2016
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